Nei precedenti numeri della rubrica abbiamo affrontato il problema dell’abusivismo edilizio. Innanzitutto, abbiamo provato a dare una definizione del fenomeno, ci siamo poi occupati dell’inefficienza della macchina amministrativa e dei soggetti preposti all’attuazione della legge e abbiamo visto come, per mezzo del fenomeno del dissesto idrogeologico, l’abusivismo edilizio possa incidere negativamente e spesso irreversibilmente sul territorio; infine, abbiamo analizzato le gravi anomalie del sistema giuridico italiano quali l’eccessiva burocrazia e il condono edilizio, in grado di alimentare considerevolmente il problema di cui si parla.

A questo punto è arrivato il momento di occuparci di quelle che potrebbero essere le soluzioni alla piaga dell’abusivismo, offrendo se è possibile spunti di riflessione a chi vorrà interessarsi della questione e, perché no, anche a chi lo sta già facendo. Ebbene, a tal proposito è doveroso segnalare una possibile soluzione al problema che potrebbe rivelarsi particolarmente efficace, proposta da Legambiente. All’inizio dello scorso anno, in un disegno di legge presentato nella sala di conferenza stampa della Camera dei Deputati a Montecitorio, l’associazione ambientalista affrontava l’annosa questione della burocrazia e, mettendo in evidenza i preoccupanti dati relativi al fenomeno dell’abusivismo edilizio, avanzava delle proposte molto originali e sicuramente coraggiose.

Tra queste, una particolarmente innovativa: si leggeva tra le righe del testo che se qualora le amministrazioni comunali non avessero provveduto a regolarizzare e a smaltire le pratiche di abbattimento degli immobili abusivi entro tempi ragionevoli, si sarebbe proceduto allo scioglimento dei consigli. A ben vedere sarebbe questa una norma indirizzata alla valutazione dell’operato di politici e funzionari pubblici e quindi di indirizzo fortemente democratico. Una disposizione che, se applicata concretamente, potrebbe fungere da deterrente per le amministrazioni comunali inefficienti: basti pensare che in comuni come Palermo e Reggio Calabria, nell’anno 2012, su un totale rispettivamente di 1.943 e 2.989 ordinanze di abbattimento, nessuna è stata eseguita, mentre a Napoli su un totale di 16.837 ordinanze ne sono state eseguite appena 710, il 4% (fonte: Legambiente). Numeri che parlano da soli e che raccontano di un sistema malato, corrotto e al collasso.

A nostro avviso, un eventuale testo normativo che intenda occuparsi seriamente del problema dell’abusivismo edilizio dovrebbe effettuare una distinzione più marcata tra i vari tipi di illecito, prevedendo sanzioni più gravi per chi costruisce senza permesso alcuno ovvero in zone vincolate o particolarmente pregiate dal punto di vista naturalistico e architettonico, e sanzioni più lievi per chi invece, essendo munito di permesso di costruire, ecceda i limiti previsti dallo stesso. Sarebbe altresì opportuno inasprire le sanzioni economiche per gli autori degli illeciti e prevedere una valutazione professionale con cadenza annuale per i funzionari pubblici preposti alla vigilanza.

Staremo a vedere se il legislatore prenderà spunto dalla lodevole iniziativa di Legambiente, peraltro sottoscritta da alcuni personaggi politici, i senatori Francesco Ferrante (PD) e Roberto della Seta (PD) e i deputati Ermete Realacci (PD) e Fabio Granata (FLI), e se saprà tradurla in legge. O se invece, come spesso accade in Italia, interessi diametralmente opposti a quello della tutela ambientale prevarranno ancora una volta.