Sarebbe un errore credere che la Terra dei Fuochi sia l’unico luogo interessato dal fenomeno dei roghi tossici e, più in generale, dalla pratica dello smaltimento illecito dei rifiuti. E’ vero, tali fatti in questa parte della Campania che si estende da Acerra a Giugliano, arrivando fino a Napoli e ad Aversa, si ripetono con ritmi elevatissimi, con frequenza quotidiana, e oltretutto hanno iniziato a fare notizia anche e soprattutto grazie alle denunce dei cittadini e all’attività delle associazioni e di scrittori come Roberto Saviano. Oltre che, purtroppo, per il già denunciato aumento dell’incidenza di malattie tumorali.

La Terra dei Fuochi è il luogo simbolo della degenerazione delle ecomafie, ma è soltanto la punta dell’iceberg: sfortunatamente, non è l’unico posto nella nostra Regione dove l’incubo rifiuti aleggia tra la gente. Qui la vergogna non conosce confini comunali e si estende pressappoco in tutta la Provincia di Napoli la quale, per questo e a differenza delle altre Province campane, è l’unica ad essere interessata in tutta la sua estensione dal fenomeno dello smaltimento e del deposito illecito di rifiuti. Qui, l’emergenza rifiuti non è mai terminata.

Infatti, già soltanto spostandoci a sud dell’immaginaria frontiera della Terra dei Fuochi, nel nolano, possiamo imbatterci negli stessi fatti illeciti. Da queste parti la pratica del sotterramento di materiale tossico è praticata da decenni, precisamente da quando negli anni ‘80 i clan del cartello criminale della Nuova Famiglia (quello contrapposto alla NCO di Raffaele Cutolo) iniziarono ad interessarsi al business dei reati ambientali. A tal proposito, hanno fatto notizia le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia riguardanti il sotterramento di rifiuti tossici nell’area di Boscofangone, esattamente dove attualmente sorge il Vulcano Buono.

All’epoca della costruzione del centro commerciale, durante l’attività di scavo, furono rinvenute decine di fusti contenenti materiale tossico e, stando alle parole di chi lavorò in quei giorni, nell’aria si liberò un odore nauseabondo che lasciò presagire che non si trattasse certamente di rifiuti solidi urbani. Del resto, hanno suscitato scalpore anche le dichiarazioni di un altro pentito di camorra, il quale confessò ai giudici che per costruire la bretella di collegamento tra Vallo di Lauro e l’uscita di Palma Campania dell’autostrada A30, aveva utilizzato materiale edile misto a rifiuti pericolosi.

E non solo questo. Anche le scuole e altri edifici pubblici sarebbero stati costruiti con materiali pericolosi in quello che è stato ribattezzato come il Triangolo della Morte, ossia il territorio compreso tra i comuni di Nola, Marigliano e Brusciano. Anche in questa parte d’Italia la miopia dei criminali e la loro ignoranza hanno avvelenato una terra bellissima, ricca, fertile, e compromesso la sorte di tutti i cittadini che vi risiedono. Anche qui le malattie oncologiche, le malformazioni congenite e gli aborti spontanei hanno raggiunto picchi di incidenza anomali, elevatissimi.

Ma non solo in questi posti, non solo nel Triangolo della Morte. Anche altrove, più a sud, nel vesuviano, è possibile rendersi conto di come la situazione nella Provincia di Napoli sia disastrosa, degna di cronache di guerra, completamente fuori dal controllo dello Stato. D’altra parte, non servono le immagini angoscianti trasmesse dai tg e neppure le notizie riportate dai giornali: ognuno può apprendere la verità da solo. Qualsiasi cittadino che percorra ogni singola strada della Provincia e che abbia occhi e coscienza per vedere, può rendersi conto di come non vi sia un solo metro, un solo posto in questa terra, libero dalla spazzatura.

Non si tratta di strade periferiche o poco praticate, ma di ogni singola via, anche al centro dei comuni: un esempio eclatante è il raccordo tra l’autostrada A30 all’uscita di Palma Campania e la Strada Statale 268. Un luogo usato come discarica dagli incivili che decidono di disfarsi di rifiuti domestici, di pneumatici e di qualunque altra cosa, nella totale indifferenza delle forze dell’ordine, degli enti competenti alla manutenzione e alla pulizia delle strade, come in questo caso l’ANAS, e ovviamente delle Istituzioni. D’altronde, restando in zona, per avere una conferma dello scempio, basta spostarsi sulla stessa Statale 268 per rendersi conto di come la situazione non sia migliore.

Gli inadempimenti degli enti che gestiscono le strade sono palesi, ma molto spesso e paradossalmente la legge, ingigantendo la burocrazia, diviene lacunosa ove non prevede responsabilità ineludibili e sanzioni penali certe ed esemplari per chi ha l’obbligo, anche contrattuale, di intervenire e puntualmente lo disattende. Come sottolineato più volte, la maggiore responsabilità è dell’ignoranza e dell’inciviltà di chi inquina e che, proprio per questo motivo, non può ritenersi cittadino di alcun posto. Ma responsabili sono anche di tutti coloro i quali, pur essendo persone civili e spesso acculturate, puntualmente si voltano dall’altra parte: sono proprio loro che dovrebbero iniziare a ribellarsi, che dovrebbero iniziare a riunirsi in associazioni e in comitati per far sentire alta la propria voce, per protestare e invocare controlli, un monitoraggio costante, una repressione feroce dei reati ambientali, un intervento risolutivo delle autorità. 

In fondo, sono loro stessi a pagare una tassa sui rifiuti ogni anno più salata, in assoluto la più cara in Italia, a fronte di un servizio praticamente nullo e anzi, di un disservizio che si protrae da troppo tempo e che ha prodotto già fin troppi danni. I cittadini devono esigere l’intervento di uno Stato che nella Provincia di Napoli è percepito solo come un esattore di denaro e che per questo, di fatto, non è Stato. La salute della gente e l’immagine di intere città della Campania e della Nazione stessa sono state compromesse a causa di pochi, ma anche a causa dell’indifferenza e di un silenzio assordante di chi sa che la civiltà è ben altra cosa. L’amore per la propria terra è amore per sé stessi: è venuto il momento di reagire, di dimostrare che quell’amore, sotto il torpore della vita di tutti i giorni, è ancora vivo e pronto a sbocciare.

Non vogliamo la luna: chiediamo solo la normalità.