Bolzano. Due sedicenni si innamorano durante una gita scolastica. Lui però ha una strana ossessione: il sesso online. Lei, innamoratissima, accetterà di farsi filmare mentre fanno l’amore. Quando il video finirà in rete, sarà dura ricostruire quello in cui si credeva. Esperimento curioso nella rubrica dedicata al cinema: si parlerà di un film che non è nelle sale, ma che dovrebbe starci di diritto. Già perché AQuadro (sottotitolo: La prima volta non si scorda mai) non ha avuto la fortuna (o sfortuna?) di essere distribuito nei nostri cinema, ma di essere visibile solamente in streaming, sul sito CuboVision, fino al 14 aprile prossimo.
Così l’esordio alla regia piena, da lungometraggio, per Stefano Lodovichi, attivissimo tra videoclip, corti e altre collaborazioni, è davvero una conquista: il film convince, e parecchio (ha portato a casa il Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador 2011-2012 ed è stato in selezione al Rome Independent Film). Il merito va ad alcuni elementi fondamentali: l’ottimo soggetto scritto dallo stesso regista insieme a Davide Orsini, ramificato poi in una sceneggiatura (sempre scritta da entrambi) che lascia poco spazio al non-detto, all’immaginazione, punta dritta al problema, e bello grosso, di molti giovani italiani (e non solo): il sesso on line.
Certo qualche piccola imperfezione (minima e dovuta forse a scelte di carattere logistico e di sviluppo stesso della vicenda) c’è, ma se l’incipit è tra i più scontati (l’amore adolescenziale scoppiato tra i due sedicenni) è il sottotesto a essere davvero interessante, con l’emergere, forte, della problematica invasione del web nella vita di tutti i giorni. Il film infatti, e questo è un altro punto a suo favore, fa della interconnessione e del “social” il suo modo di essere, di esistere: molte sequenze e inquadrature sono girate con la cam di uno smarthphone o webcam di Skype. Come quasi a ricordarci che oggi esistiamo solo in funzione della Rete stessa, del nostro essere ripresi, fotografati, inseriti in contesti “sociali”.
Si assiste così a una sorta di inversione: se all’inizio la giovane protagonista è schiva e nascosta dietro un “vecchio” silenzio da cenetta a lume di candela, ben presto, convinta di assecondare il protagonista maschile, accetterà di farsi riprendere mentre consumano un rapido amplesso. Proprio mentre lui, però, stava cercando di allontanarsi da questa sorta di “malattia”. Tornano alla mente così parecchie idee base di Shame, di Steve McQueen, intenso film sul sesso compulsivo. Ormai il nostro essere corpi nella società odierna tende a svanire, a cercare contatti “altri” verso una nuova corporalità. Ma se la ricerca spinge, morbosamente, verso luminose forme nascoste dietro uno schermo (proprio come la nebbia che apre il film) quello che ci fa rimanere “vivi” è il contatto con il corpo (quello che cerca continuamente la protagonista, giocatrice di hockey), vero protagonista di molta cinematografia recente, come quasi a urlare la necessità di non perdersi mai dietro l’illusione di un non-corpo (che sia vero, digitale, computerizzato ci viene sempre rimandato da un monitor).
Il contatto tra i due giovani, infatti e infine, avviene solo per mezzo di un monitor, quello piccolo di uno smartphone che filma l’amplesso. Da allora i loro corpi torneranno a “esistere”. Regia mai forzata, (con ottimi momenti di camera a spalla e un sapiente uso delle location) sempre pronta ad aprire nuovi punti di vista e connessioni (tanto per rimanere in tema) aiutata da una fotografia, quella di Benjamin Maier, che riesce a tratteggiare personaggi che convincono con un colpo d’occhio, scavandone, con pochissimi accorgimenti, perfette psicologie e identità. Il lavoro è facilitato da due attori protagonisti bravissimi: Maria Vittoria Barrella è Amanda, innamoratissima e dolcissima, una piccola luce nello squallido mondo della perversione di cui diventa schiava, e Lorenzo Colombi, nel ruolo di Alberto, controparte malata di uno strano universo telematico.
Bella anche la prova di Ilaria Giachi (è Nanà, spogliarellista e sorta di confessionale privato del protagonista) e Gaia Igini (nel ruolo di Barbara, la migliore amica di Amanda). Stupenda la colonna sonora, mix perfetto tra elettronica e cantautorato folk-pop, curata da Klaus Leitner, Irene Hopfgartner e Ivo Forer, già componenti dei Sense of Alaska. Intensa la canzone originale, della siciliana Thony (già autrice della colonna sonora di Tutti i santi giorni di Virzì) e altri interventi della cantante jazz Michela Lombardi e del dj Luca Spanedda. Questi ragazzi, dal regista al tecnico del suono, dagli attori al montatore, tutti esordienti under 30, con un budget al minimo (arrivato dalla RaiCinema e dal lavoro della ottima e coraggiosa MoodFilm) hanno fatto davvero un ottimo lavoro. Un film intensissimo AQuadro, da vedere finché si può in streaming e da portare e sostenere a tutti i costi per un’uscita nelle sale, perché delle commedie nostrane, diciamocelo, ci siamo un po’ stancati. Sbrigatevi a vederlo.
SITO: http://aquadroilfilm.it/#intro