Si chiamava Carmine Parmentola, di 37 anni, di Castellammare di Stabia, piccolo imprenditore nel settore import-export di frutta, l’uomo trovato ieri carbonizzato nella sua auto, in un parcheggio per mezzi pesanti, alla periferia di Pompei. L’uomo era sposato e padre di due bambine. Gli investigatori non escluderebbero alcuna ipotesi, come un suicidio o un omicidio. Non c’è al momento una conferma, ma prima di essere trovato senza vita, l’uomo avrebbe acquistato benzina. Come dimostrerebbe una tanica trovata a poco distanza dalla vettura distrutta dalle fiamme.
Insomma, la pista del gesto estremo al momento sembrerebbe quella più seguita dalle forze dell’ordine. Ma perché farla finita in maniera così drammatica ed eclatante? Parmentola, tuttavia, ha un fratello detenuto che, in passato, è stato nel mirino delle organizzazioni dello spaccio di droga a Castellammare di Stabia. E questo lascia ancora aperte le indagini su un possibile delitto. Nel quartiere dove viveva, il 37enne era conosciuto come un bravo ragazzo, che ha da sempre lavorato con la famiglia inserita da generazioni nel settore del commercio di frutta e verdura.
Negli ultimi tempi, però, secondo la polizia del commissariato di Pompei che indaga sul caso, gli affari andavano male. Nel quartiere la gente è sorpresa, perché la famiglia della vittima é stata sempre considerata “benestante”. Sarà l’esame autoptico a rivelare se sul corpo ci siano segni di violenza e se l’uomo fosse vivo o già morto quando si è sviluppato il rogo dell’auto, la Renault Scenic che gli investigatori hanno messo sotto sequestro. Infine sono all’esame della scientifica le immagini di videocamere che erano in funzione in un parcheggio di via Mariconda e che erano puntate anche sull’area in cui si è verificato l’incendio che ha visto la morte del fruttivendolo.