Nessun ammodernamento né tantomeno manutenzione. Il cantiere aperto nei giorni scorsi nel bel mezzo del Villaggio preistorico servirà ad interrare interamente il sito archeologico nolano. Uno schiaffo, una ferita enorme per la città che perde così le possibilità di sviluppo turistico sognate sin dal primo ritrovamento delle costruzioni risalenti all’Età della Pietra. Sembrerebbe, infatti, che la Sovrintendenza abbia preferito questa soluzione a dir poco drastica, causata dalla carenze di fondi e di infrastrutture, all’indegno spettacolo cronicamente davanti agli occhi di turisti ed avventori.
Continuare sulla stessa linea, infatti, sarebbe stato sinonimo di forte depauperamento per il valore storico-culturale del Villaggio, scalfito ripetutamente dagli agenti atmosferici e dall’impossibilità di ricevere una protezione dignitosa. Dunque, i reperti verranno rimessi sotto terra, in attesa che in futuro possano esserci idee, progetti e soldi per ritirarli fuori. Saranno conservate le due antiche capanne riportate alla luce nel 2001 praticamente intatte. Intorno verrà costruito una sorta di sarcofago in grado di ripararle dall’acqua e dal terreno. Tuttavia, a decisione ormai pressoché definitiva, continuano comunque ad arrivare gli appelli delle sigle sindacali di categoria.
«Il convincimento che qualcosa poteva essere fatto non ci abbandona – dice Salvatore Velardi, responsabile Cgil di Nola – Gli studiosi sostengono che in quell’area sono presenti molte altre capanne, forse addirittura un centinaio. Sarebbe il caso di mettere in campo interventi straordinari anziché rinunciare e sperare che i nostri figli o nipoti siano più bravi di noi. Se ci arrendiamo – conclude – perderemo un’inestimabile ricchezza culturale, oltre ad un volano di sviluppo impareggiabile». Anche i cittadini nolani non hanno perso la speranza: c’è chi auspica un’azione del ministro competente, Massimo Bray, già entrato decisamente in gioco nella partita per Pompei, e dei tanti parlamentari e consiglieri regionali dell’area.