Un prete abbandona la vita di chiesa, mentre sua sorella lascia il marito e scappa via. Prete e cognato si ritrovano nella casa al mare di famiglia, per cercare di trovare tranquillità. Ben presto a loro si aggiungeranno una ex escort e un singolare gruppo di lavoro edile. Intanto la sorella “fuggitiva” torna a casa: in realtà il suo amante è una donna. Tra tentativi di comprensione e singolari ristrutturazioni, l’epilogo felice è dietro l’angolo.
Rocco Papaleo, con il suo nuovo lavoro registico, Una piccola impresa meridionale, ha deciso, stavolta, di fermarsi. Il viaggio, on the road, di Basilicata Coast to Coast, si ferma, perde i suoi connotati alla Easy Rider e si immobilizza su un affascinante casa al mare, o meglio, si isola. Il fascino dell’imprevedibile, della scoperta, della musicalità, stavolta si perde in un (mini)clone del precedente: parte della squadra del primo film torna in campo, con il soggetto e regia a cura del comico (scrittore e musicista) e sceneggiatura a cura di Walter Lupo. Il meccanismo è oliato bene, ma, a parte il senso di straniamento “territoriale” a cui si assiste (gente che parla un dialetto a metà tra lucano, pugliese e calabrese, che si ritrova in un luogo sconosciuto dell’Italia), il lavoro è fatto con molte spire di prevedibilità e buonismo, con battute, il più delle volte riuscite, ma altre volte davvero, davvero banali. Stavolta però, dimenticatevi il sole della Basilicata: il film di Papaleo, infatti, si oscura, diventa quasi crepuscolare, grazie, soprattutto, al lavoro (ancora una volta egregio) di Fabio Zamarion alla fotografia (straordinario in La migliore offerta di Tornatore). Un lavoro perfetto, che tratteggia, a momenti anche con dolore, i volti (perché qui si parla di volti e animo, non di corpi), le smorfie, i contorni degli interni (arredati con gusto e perfetta sensibilità), con sbalzi di luce chiaroscurali che aiutano a sorreggere la pellicola, orfana di una sceneggiatura a cui manca essenzialmente un buon ritmo. La fotografia, poi, ha dalla sua (e non il contrario) il potere lavorare su uno scenario naturale unico al mondo, quello della straordinaria Sardegna, dove è ambientato completamene la pellicola (e diciamocelo, il dover girare in Sardegna ha comportato anche alcuni passaggi “visivi” completamente inutili, sia narrativamente che metaforicamente). Ma l’ “impresa” di Papaleo non è intesa come “lavoro” (anche se il gioco di parole si basa proprio su questo dualismo) ma sulla parola “impresa” intesa come “atto eroico”, di coraggio.
L’atto di accettare, al meridione soprattutto, uno “spretamento” volontario, una convivenza tra prelato e prostituzione, e, soprattutto, il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. In questo senso l’ impresa del regista è ben riuscita: l’attacco alle istituzioni morali del “pensiero” meridionale lascia un senso di vuoto, di rammarico, di “vergogna” (parola pronunciata dal prete, vero, nel finale). Papaleo, oltre a ritagliarsi una parte su misura (forse enfatizzandola troppo sulla sua classica comicità), si circonda di attori in forma come Riccardo Scamarcio, Barbara Bobulova e la sempre bravissima Giuliana Lojodice. Il problema forse, che vale per tutti gli altri comprimari, è invischiarli in personaggi che spesso si intrecciano (non solo psicologicamente, ma soprattutto narrativamente) malamente tra loro, lasciando allo spettatore una strana difficoltà di collegamento, a volte enfatizzata da una regia contornata di piccole sequenze surreali, tipiche del pensiero di Papaleo (geniale quella del funerale del papà del cognato del protagonista, impersonato dal simpatico Giorgio Colangeli, che fuma in una bara sulle note di una canzone altrettanto surreale). Ma c’è un ulteriore attore: la colonna sonora. Curata in moltissima parte dal regista stesso (suo infatti è il divertente brano Torna a casa foca), diventa un personaggio aggiunto alla pellicola, quasi, a tratti, più esplicativo delle parole o degli sguardi degli attori in scena. Sognante e intrigante, il brano Dove cadono i fulmini, scritto e interpretato dalla brava Erica Mou. Una piccola impresa meridionale convince e diverte, ma, stavolta, si sorride a denti stretti, anzi si sorride dentro. Che poi, forse, è meglio.
Potrete vedere Una piccola impresa meridionale in queste sale:
-NAPOLI
Med Maxicinema The Space Cinema
Metropolitan
Modernissimo
Plaza Multisala
-NOLA
The Space Cinema Vulcano Buono
Multisala Savoia
-AFRAGOLA
Happy Maxicinema
-CASALNUOVO
Magic Vision
-CASTELLAMMARE DI STABIA
Supercinema
-POZZUOLI
Multisala Sofia
-TORRE DEL GRECO
Multisala Corallo
-SALERNO
The Space Cinema Salerno