Il piccolo Arturo vive a Palermo, città bersagliata dagli attacchi della mafia. Sogna di fare il giornalista, venera alla follia Giulio Andreotti e ama perdutamente Flora, figlia di un noto banchiere della città. Uno dopo l’altro gli uomini che si schierano contro Cosa Nostra cadono sotto gli attacchi dei sicari o di qualche bomba. In odore di maxiprocesso, il papà di Flora si rifugia in Svizzera e Arturo resta solo. Diventato adulto cerca un lavoro in qualche televisione locale, ma finisce per lavorare proprio con Flora, tornata in Italia e al servizio di un noto politico. Dopo l’attentato a Falcone e Borsellino i due troveranno la forza di (amarsi e di) risvegliare il loro senso di appartenenza sociale.
Pif, all’anagrafe Pierfrancesco Diliberto, figlio di Maurizio Diliberto, regista siculo, decide di dire la sua, da palermitano d’origine, sulla Mafia. In effetti, si perde il conto di film che trattino, nella maniera più svariata, questo tema, sempre, strano a dirsi, scottante. Ma Pif (questo il nome affibbiatogli nella trasmissione Le Iene), nonostante La mafia uccide solo d’estate sia il suo primo lungometraggio, di cose da raccontare ne ha e lo fa anche bene, convincendo e facendo tesoro dell’esperienza maturata nel mondo dei cortometraggi, dei videoclip e (soprattutto) della televisione, nei ruoli più diversi, da autore a regista e da un set all’altro (è stato assistente alla regia in I cento passi di Marco Tullio Giordana). In realtà, la pellicola, che ha già conquistato il Premio del Pubblico all’ultimo Torino Film Festival, nasce come progetto “lungo” di Orfani di mafia, puntata (che potete vedere qui) della trasmissione che tanto ha reso Pif noto al pubblico nostrano: Il Testimone, in onda su Mtv. E a farci caso, anche lo stile, visivo e narrativo, è lo stesso: quel misto di documentario (enfatizzato dalla ripresa pseudo amatoriale fatta, in tv, da solo, senza l’ausilio di una troupe vera e propria) che spinge sempre il piede sulla retorica mirata, dove una sciagura può essere trattata con enorme ironia (o satira fate voi) e viceversa. Naturalmente stiamo parlando di un’opera prima e la facilità di cadere nell’errore da “prodotto di massa” c’è. Ma dopo tutto, alcune sequenze in esame (ad esempio lo scontato bacio tra i due protagonisti) in realtà sono enormi portatrici di significati. Arturo e Flora che si baciano nella folla che protesta ai funerali di Falcone e Borsellino, non sono altro che quel ponte, quel legame che si instaura tra il Passato (fatto di paure, silenzi e omertà) e il Presente/Futuro, dove si trova il coraggio anche di combattere per il proprio dissenso (cosa che Pif mette in scena in maniera ancora più cruda in tv), concetto enfatizzato alla perfezione nel finale (stupendo e che copia pari lo stile de Il Testimone), dove Pif e moglie mostrano al loro figlio le lapidi dei caduti per colpa della mafia.
E se il meccanismo si inceppa in qualche scelta di sceneggiatura forse forzata e prevedibile (scritta, oltre che dal regista, anche da Michele Astori e Marco Martani, quest’ultimo dietro a tante pellicole di Parenti e Brizzi) e da qualche scelta attoriale non perfetta (la protagonista femminile Cristiana Capotondi non è proprio a suo agio), dall’altro lato Pif ha la fortuna di lavorare con persone come Roberto Forza, direttore della fotografia fidato di Marco Tullio Giordana, e Santi Pulvirenti, che cura una divertente e scanzonata colonna sonora in pieno stile siculo-folk. Bravi i comprimari, che non fanno altro che enfatizzare la scelta del regista: usare l’ironia come arma contro qualcosa che difficilmente si può combattere. E allora ogni immagine, ogni inquadratura, ogni persona uccisa dalla mafia, entra nel percorso significativo di Pif, che riesce a fare Storia con tante storie (grazie anche all’utilizzo di tante immagini di repertorio originali e una ricostruzione curata nei minimi particolari), usando la storia d’amore di un bambino (sguardo puro) come pretesto per farlo/farci assistere (perché raccontarlo non avrebbe valenza di vero) ai sanguinosi attentati di Cosa Nostra. In questo senso convince molto la prova del giovane Alex Bisconti, ossessionato a tal punto da Andreotti (ossessione che permette al regista di fare del doppio senso e della satira in maniera incessante) da travestirsi, a Carnevale, proprio da premier DC. La mafia uccide solo d’estate convince, diverte, commuove, con quel mix perfetto tra ironia, satira e romanticismo (per la propria terra soprattutto) e lasciando al ricordo vivo i tanti modi con cui il film racconta gli attentati. Si poteva fare meglio? Forse. Ma qualcosa resta nelle coscienze e non squallide battute di youtubers improvvisatasi (pessimi) attori. Missione compiuta Pif: nulla potrà permetterci di dimenticare.
Potrete vedere La mafia uccide solo d’estate in queste sale:
-NAPOLI
Med Maxicinema The Space Cinema
Modernissimo
Vittoria
-NOLA
Multisala Savoia
The Space Cinema Vulcano Buono
-AFRAGOLA
Happy Maxicinema
-CASORIA
Uci Cinemas
-SALERNO
The Space Cinema Salerno
-PAGANI
Multisala La Fenice
-PONTECAGNANO
Duel Village