È uno dei nostri totem delle feste pasquali. Insieme al casatiello è simbolo del lunedì in Albis e della scampagnata dei vesuviani. È l’anello di congiunzione tra il pranzo della Domenica Santa e le promesse di rimettersi in forma per l’estate.
Nato dalla più nobile esigenza di evitare lo spreco di cibo la Pastiera (detta anche pizza o frittata) di maccheroni è diventata una delle tradizioni culinarie più longeve per chi vive alla falde del caro vulcano. Essendo un piatto molto semplice, può risolvere un pranzo o una cena veloce. La pastiera, che nel capoluogo è chiamata semplicemente “frittata”, accompagna il napoletano medio in diverse occasioni durante l’anno: in spiaggia, sul luogo di lavoro, o per uno spuntino veloce.
La ricetta, tanto semplice quanto gustosa, prevede l’aggiunta di 5-6 uova sbattute a circa 300 grammi di spaghetti (o anche maccheroni) avanzati o quantomeno cotti diverse ora prima, un po’ di salumi a pezzetti, tanto formaggio (grattugiato e a pezzetti), un po’ di sale e una “adeguata” quantità di pepe. Stesa la pasta in una “tiella”, non troppo alta, con olio (o sugna secondo le vecchie usanze), va fritta per una decina di minuti per lato, giusto per darle un minimo di croccantezza. Nulla di più e nulla di meno. Un solo consiglio: non badate al risparmio e l’evasione dei profumi dalla gabbia di pasta rapirà rapidamente i vostri sensi se avete il piacere goderne appena cotta.
L’amalgama creata dall’abbraccio degli ingredienti, invece, si preserverà impeccabilmente se la consumate, com’è più probabile, dopo qualche ora. Un intreccio di sapori estremamente semplici ma che nel loro rapporto amoroso si convertono in un’entità unica di gustosità. Il lettore potrà obiettare che quella della pastiera è una ricetta praticamente universale e consumabile tutto l’anno. È vero, ma il legame inscindibile che questa “creazione” ha assunto con le feste pasquali “made in Vesuvio” non ha eguali nel resto della penisola. Infatti, la frittata di maccheroni diventa una pietanza irrinunciabile, figura rituale della scampagnata di Pasquetta o del pranzo del Sabato Santo: la sua sostanziosa bontà suggella la sacralità della compagnia delle persone che partecipano al rito del tagliare, del mangiare e dell’assaporare e del luogo in cui si celebra l’evento. E senza l’evento la pastiera non ha certo lo stesso sapore. Senza il piacere di stare insieme, senza il gusto dell’amicizia e di quello di un buon bicchiere di vino rosso, essa non è la stessa cosa.
La pastiera è la esaltazione delle forme tonde, del difetto, dell’imprecisione, dei grovigli di cui la nostra vita si riempie e che in quell’ “oggetto” trovano una naturale metafora; è la rappresentazione della capacità tipicamente vesuviana di dare alle cose un valore ed un significato ulteriore rispetto a quello originario. La pastiera Made in Vesuvio racconta un’altra storia. È un’altra storia.
Home Rubriche Made in Vesuvio Pastiera di maccheroni, “totem” della Pasqua vesuviana sino al lunedì in Albis