Cinque studenti, un solo appartamento nel cuore di Pisa. Dopo anni di studi arriva l’ultimo giorno per tutti. Prima di lasciarsi (forse) per sempre, piano piano, sbucano (piccoli e giganteschi) scheletri dagli armadi.
Potremmo definire il bellissimo Fino a qui tutto bene, nuova e convincente regia di Roan Johnson (e premiato al Festival internazionale del film di Roma dell’anno scorso con il Premio del Pubblico), un piccolo e favoloso gioiellino anticrisi? Certo. Gli ingredienti per un piccolo capolavoro, a pensarci bene, ci sono tutti e tutti, sicuramente, senza pensare alle mega distribuzioni che infarciscono pilotate pellicole di volgarità e ovvietà varie, facendo leva su meccanismi distribuitivi legati alla potenza “attrattiva” di qualche rifacimento (si pensi alla questione Cinquanta sfumature di grigio) o attore all’interno del cast (basti pensare all’indescrivibile nuovo [sperando sia l’ultimo] orrore della coppia Biggio-Mandelli, che sono riusciti a farsi distribuire dalla Warner Bros una pellicola basata su una canzonetta sanremese). Un discorso più che elogiativo, invece, lo merita Fino a qui tutto bene, che oltre ad avere un’ apparato tecnico/attoriale/narrativo/metaforico di tutto rispetto (e di cui parleremo a brevissimo) presenta una formula produttiva originale, quella della realizzazione partecipativa: nessun compenso al cast, ma soltanto una percentuale basata sugli incassi in sala. Un modo, questo, di affrontare la grande distribuzione in maniera coraggiosa, puntando soprattutto sulla (consapevolezza della) qualità del prodotto, il marketing e il passaparola degli spettatori. Qualità che c’è tutta, a cominciare dalla sceneggiatura, scritta a quattro mani dal regista e da Ottavia Madeddu (alla sua seconda prova col cinema di finzione e dietro all’interessante Short Skin del 2014). Il loro ottimo lavoro di scrittura sembrerebbe sfiorare di continuo il cinema che potremmo definire “universitario”, basato sulle peripezie di più o meno variegati gruppi di studenti e che man bassa ha fatto negli anni passati nei cinema (puntando però magari più sul demenziale per ciò che riguarda la cinematografia estera e più sul nostalgico per ciò che concerne i prodotti “made in Italy”), ma non vi si addentra mai di diritto, lasciando parlare, con un mix perfetto di dialetto/italiano (ad indicare che la problematica insita nella pellicola stessa non è solo pisana, ma di tutta la Penisola), degli attori in stato di grazia, che mettono in scena, tramite un preciso meccanismo di continuo scoperchiamento delle psicologie, personaggi riuscitissimi e mai banali. Il lavoro della regia, in questo senso, è fondamentale, mettendosi al servizio degli attori in maniera quasi teatrale, auto-metaforizzandosi (si pensi a tutta la vicenda parallela della compagnia teatrale all’interno del film, sorta di “mancata” rappresentazione “nella” rappresentazione), sgranando l’immagine, rendendola traballante (con tante riprese a spalla), come le sicurezze dei cinque protagonisti, che si trovano di fronte, forse per la prima volta, forse pensandoci solo ora, all’Italia della crisi, quella che non lascia scampo, che ti sputa fuori per cercare lavoro, che ti lascia nel dimenticatoio, che, forse, non crede più nei sogni. L’incertezza della macchina da presa in alcuni momenti, piano sequenza, inquadrature è proprio segno di un preciso cambio di prospettiva. Si pensi alle stupende sequenze girate sul luogo dell’incidente dell’amico morto, sorta di protagonista aggiunto, forse la Speranza stessa, forse la Coscienza stessa, che non ha il coraggio di guardarsi allo specchio, e, appunto, la sequenza per le strade di Pisa con un antico specchio da trasportare: tutto è il riflesso di tutto, l’Italia, davanti a un errore (la nota Torre) continua imperterrita nella sua convinzione. La sequenza dello specchio è fondamentale: da lì in poi (così proprio come accade nella pellicola) si ribaltano tutti i punti di vista, scompare il “bello”, il senso di “amicizia”, scompare la sicurezza delle quattro mura, l’appartamento esplode ed implode di continuo, in un vorticoso gioco di ruoli che non fa altro che, appunto, specchiare in protagonisti l’uno di fronte all’altro, mostrandoli così diversi, ma, fondamentalmente, così simili. Attori in forma strepitosa e che meritano di essere citati uno per uno (e ci scusiamo se omettiamo qualcuno): Alessio Vassallo, Silvia D’Amico, Guglielmo Favilla, Melissa Bartolini, Isabella Ragonese, Marco Teti e Paolo Cioni. Quest’ultimo non può che far tornare la memoria di tutti al noto personaggio impersonato da Roberto Benigni in un capolavoro del cinema italiano che è Berlinguer ti voglio bene. Lo stesso film, sotto certi aspetti e addirittura in alcune sequenze, una su tutte quella svolta nel campo di girasoli con l’anguria, viene citato e omaggiato, sfruttando anche l’ incredibile somiglianza dell’attore Cioni con lo stesso Benigni. Film impreziosito dalla stupenda fotografia di Davide Manca, che non spreca un solo briciolo di luce e buio, giocando con i corpi delle persone e dei luoghi, scalfendone, a colpi di colori e luminosità/oscurità, l’animo stesso. Onirica, divertente e geniale la colonna sonora affidata a I Gatti Mézzi e ad alcuni brani degli Zen Circus. Non a caso il brano “motore” della pellicola è proprio Morirò d’incidente stradale (ECCO IL VIDEO) : profetico e quanto mai irriverente, snocciola, parola dopo parola, nota dopo nota, il senso di tutta la pellicola. Non arrendersi mai, guarire dalle cadute, rialzarsi dalle difficoltà, affrontarle a testa alta, puntando a quello che vogliamo veramente nella vita e non a ciò che vogliono gli altri, guardare in faccia alla difficoltà, soprattutto, di far ascoltare la propria voce, senza mollare mai: “E che ci arrendiamo così?” dice uno dei protagonisti. No, che non ci arrendiamo. Correte a vedere questo piccolo e geniale capolavoro, prima che qualche altra disgustosa pellicola prenda il suo posto nelle sale cinematografiche.
Immagine tratta dal sito Microcinema
Potrete vedere Fino a qui tutto bene in queste sale:
-NAPOLI
Delle Palme Multisala
Modernissimo
-AFRAGOLA
Happy Maxicinema
-SALERNO
The Space Cinema Salerno
-MARCIANISE
Big Maxicinema