Il sindaco Leo Annunziata ha battuto i pugni sul tavolo a riguardo della piaga scarti tessili disseminati nelle campagne del territorio a confine tra Poggiomarino, Terzigno e San Giuseppe Vesuviano. E la riunione d’urgenza convocata dal primo cittadino insieme al comandante della polizia municipale, Rita Bonagura, e dei carabinieri, il maresciallo Andrea Manzo, ha portato al primo risultato. Nei giorni scorsi, infatti, la sinergia tra vigili urbani e militari dell’Arma, voluta fortemente dall’Amministrazione, ha condotto le forze dell’ordine, durante un’attività di intelligence, a scoprire un opificio-lager nella città vesuviana.
Si tratta di una fabbrica tessile gestita da cittadini del Bangladesh che operava in condizioni ben oltre il limite della sopportazione umana per quanto riguarda lo stato igienico-sanitario dei locali e di sicurezza per i lavoratori. Servizi igienici sporchissimi, macchinari obsoleti ed a grave rischio di scosse elettriche per chi le maneggiava, oltre a condizioni di schiavitù degli operai: un quadro non nuovo nell’area ai piedi del Vesuvio ma che a Poggiomarino si verifica davvero raramente, lasciando spesso la scena a città limitrofe come Terzigno, Palma Campania, San Giuseppe Vesuviano e San Gennaro Vesuviano.
Carabinieri e vigili urbani sono entrati in azione insieme all’ispettorato del lavoro di Napoli ed all’Asl Napoli 3 Sud locale, oltre all’ufficio tecnico comunale competente. L’irruzione è stata compiuto all’interno di una sartoria ubicata al civico 492 di via Iervolino, in una zona molto movimentata della città ma di cui neppure i residenti più vicini conoscevano l’esistenza. In grossi guai è finito il titolare della fabbrica, B.S., 33enne bengalese residente in via Sorrentino, sempre a Poggiomarino.
Per lui, oltre alle condizioni drammatiche dei locali da lavoro, anche il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Davanti ai macchinari, infatti, c’erano anche cinque connazionali privi del permesso di soggiorno che sono stati identificati da polizia municipale e carabinieri e per cui è stata chiesta l’espulsione dal territorio italiano. Il 33enne è stato dunque denunciato a piede libero per i tanti reati contestati dagli uomini in divisa.
E per lui anche due maximulte: la prima da 18mila euro elevata dall’Asl per le condizioni igieniche precarie e la carenza di certificati di smaltimento dei rifiuti, la seconda da 31mila euro sottoscritta dai vigili urbani per le tante irregolarità riscontrate dal punto di vista dell’organico e per l’accusa di avere smaltito i ritagli di scarto nelle campagne adiacenti.