Home Rubriche Il punto del direttore Caldoro, Amarante e la “strategia della rabbia”: ecco perché Falanga ha perso

Caldoro, Amarante e la “strategia della rabbia”: ecco perché Falanga ha perso

Il Maurizio Falanga che ho conosciuto quasi due mesi fa, quando ha ufficializzato la sua candidatura, poteva diventare sindaco di Poggiomarino, o almeno non avrebbe subito l’onta di perdere 300 voti tra il primo ed il secondo turno. Quel Maurizio Falanga era pacato e tranquillizzante, pronto al dialogo probabilmente non solo con i cittadini, ma anche con la controparte. Ed è lo stesso Maurizio Falanga con cui ho chiacchierato più volte lontano dai palchi, con cui è stato sempre gradevole anche scherzare sull’andamento della campagna elettorale, parlando di panini e di alcuni “tifosi” delle sue liste. Insomma, un uomo intelligente e con cui si sta anche bene in compagnia, il massimo della vita.

Anche il Maurizio Falanga dei video con la brava collega Carmen Cretoso poteva avere più successo: era un uomo sobrio e deciso, che badava al sodo e che arrivava all’anima. Poi la metamorfosi sui palchi sparsi in città, per tornare nuovamente la persona tranquilla e ridente non appena tornato con i piedi per terra. Cosa ha decretato la scelta di questa “strategia della rabbia”? Chi l’ha voluta? Chi ha voluto che l’avvocato Falanga urlasse e gettasse veleno anche quando non c’era bisogno? È stata una sua scelta o a decidere che dovesse essere aggressivo sono stati i suoi “consiglieri”, quei politici navigati che sanno come vanno le cose, che hanno affrontato altre campagne elettorali sempre più o meno con gli stessi toni?

Il sospetto che Falanga sia stato sostenuto male dagli “animali politici” del suo schieramento è forte, così come è forte la sensazione che il candidato del centrodestra avrebbe avuto maggiore riscontro non modificando il suo aspetto originale, quello non urlante, quello che tutti i poggiomarinesi riconoscono e che raccoglie la stima di un’intera città. Falanga avrà tempo cinque anni per capire bene la politica, lo farà dall’opposizione e quindi inevitabilmente più libero dai lacci che il ruolo di fascia tricolore impone. Poi chissà, tra un quinquennio potrebbe esserci un nuovo progetto, magari lontano dalle scorie che la popolazione non vuole più continuare a sopportare, perché la sconfitta dura del ballottaggio è stata una bocciatura non per l’avvocato, ma per una classe dirigente che con la sfiducia all’ex sindaco Vincenzo Vastola ha segnato forse per sempre la propria fine amministrativa.

Ma uno “schiaffo” forte arrivò già con la visita di Stefano Caldoro a Poggiomarino e quella passeggiata su via Iervolino. Un marciapiede lungo un chilometro e mezzo che Falanga ed i suoi hanno a lungo criticato perché toglie posti auto, perché le panchine sono brutte e perché c’è l’erba. Ma quel “furbacchione” dell’ex presidente della Regione cosa dice? «Questo marciapiede è stato realizzato con i soldi concessi dalla Regione quando c’ero io», facendosene un vanto. Insomma, una coltellata al povero avvocato, una botta al fianco tremenda. Caldoro, è giusto ricordarlo, è stato il governatore che la stampa napoletana ha definito “invisibile”. Cinque anni di nulla e sfracelli in Regione per la sanità ed i trasporti, la pagina più nera di Palazzo Santa Lucia, anche peggiore del periodo dell’emergenza rifiuti. Un socialista che ha fatto rimpiangere invece il gran lavoro fatto a cavallo dei due secoli dall’uomo di vera destra, Antonio Rastrelli.

Portare Caldoro a Poggiomarino – e sicuramente il consiglio è arrivato dallo “zoccolo duro” dei candidati di Falanga – è stato un autogol di dimensioni enormi. Caldoro è quel signore che per cinque anni avrebbe potuto fare di tutto per risolvere il problema fogne ed allagamenti a Poggiomarino, Caldoro è quel signore che aveva dato il via libera al Grande Progetto Fiume Sarno per fare contento il suo amico e portatore di voti già sindaco di Scafati. Un progetto che avrebbe condotto alla realizzazione di una serie di vasche a Longola, vasche che tra l’altro qualcuno dal centrodestra ha cercato di mettere sulla coscienza del sindaco uscente e riconfermato. Siamo nel tempo di internet, e certe informazioni molta gente è in grado di trovarle da sola, di verificarle. Oggi non si può più sbagliare, perché ogni errore, ogni negligenza, ogni tentativo di scaricare colpe e responsabilità viene pagato in termini di voti.

Ed internet è stato un altro grosso male per Falanga: suo malgrado – ho le prove che abbia fatto di tutto per fermarli – sui social è nato un vero e proprio “gruppo di fuoco”, decine di giovani che non hanno perso alcuna occasione per deridere gli avversari, il sindaco in carica particolarmente. Ed il simbolo di questo squadrone è Mary Amarante, Maria all’anagrafe, tra l’altro candidata nelle liste dell’avvocato con zero preferenze. Frequento i gruppi social di Poggiomarino da tempo ma questo nome era per me nuovo: ha fatto irruzione e ne ha sparate di tutti i colori, spesso esagerando ed attuando una sorta di “bullismo” su Facebook.

La giovane candidata ha cominciato a coniare slogan ed a pizzicare in lungo ed in largo, sfottendo chi ha avuto meno possibilità di studiare e dunque difficoltà a scrivere correttamente. Non ha fatto differenze tra ragazzi della sua età e chi aveva i capelli bianchi: chi non la pensava come lei era semplicemente da calpestare, da essere tritato, preso in giro con una spocchia fortemente sgradevole agli occhi di chi si trovava anche solo per caso a leggere. Non conosco personalmente la signorina, spero tuttavia che nella vita reale sia un po’ più calma, che possa godere dei suoi anni e che soprattutto possa utilizzare maggiore parsimonia nei termini e nei comportamenti. È il consiglio di un fratello maggiore, forse addirittura di un padre. Non me ne voglia lei e non me ne vogliano le persone vicine, ma il suo comportamento ha certamente danneggiato l’intera coalizione.

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