«Non esistono più le mezze stagioni». L’ovvietà più ovvietà tra tutte le ovvietà, cavallo di Troia di molte, inutili conversazioni d’attesa, da oggi ha una nuova sorella: «Non esiste più la stagionalità». E il discorso non vale solo per quelli che, avendo il tatuaggio con capitoli di vita o il bicipite tirato a lucido, girano in canotta in pieno inverno, ma anche per la frutta e la verdura. Il caso emblematico è quello delle albicocche.

Le dinamiche che stanno portando a prezzi da miseria sono tante e complesse perché questo tipo di frutto è di per sé complesso. Con l’albicocca ci puoi fare tutto sia col fresco (letteralmente distrutto dalla sharka) che con il prodotto industriale (dai cosmetici agli integratori). Dalle nostre parti (ma anche in Puglia o Basilicata) il prodotto di scarto è quotato pochi centesimi. Così come la prima scelta in alcune zone. Ci sono anche delle eccezioni ovviamente. Le albicocche di Valleggia, prodotte sulla fascia costiera che va da Loano a Varazze (provincia di Savona), quotano ad una decina di euro al chilo e a volte vengono vendute anche in dei particolari cartoni che somigliano a quelli delle uova.

Naturalmente in Liguria hanno fatto un lavoro eccezionale a monte (con un equilibrio duraturo e stabile della strutturazione dei terreni e delle colture) e a valle nella commercializzazione e valorizzazione, come dimostra il Presidio Slow Food sostenuto dalla Fondazione Carige nell’ambito del “Progetto Mare Terra di Liguria”. Però di questa vicenda ci sta un aspetto che riguarda anche noi consumatori alla perenne ricerca di novità: la contemporaneità della frutta e della verdura. È osceno lamentarsi delle zucchine che costano 10 euro al chilo a gennaio almeno quanto lo è acquistare l’uva a maggio, le fragole a febbraio, le pere spadone a giugno, le angurie ad aprile.

La contemporaneità di questi prodotti tende ad ingolfare il mercato (che si assottiglia anche perché sono cambiate le abitudini a tavola) e distoglie l’attenzione dei consumatori sulla frutta e la verdura di stagione. Così, ad un certo punto della mezza estate, peperoni e melenzane nei mercati generali non si vendono più né al chilo e nemmeno a casse, ma addirittura a pedane con buona pace soprattutto degli agricoltori che, dopo la fatica della terra, ci mettono vicino pure la povertà della remunerazione. E questa è l’altra ovvietà di stagione.

P.S. A proposito di valorizzazione. Vorrei segnalare un evento, “Crisommole, l’eccellenza incontra la tradizione”, che si terrà dal primo al due luglio nell’Antico Borgo Casamale di Somma Vesuviana. La manifestazione non si prefigge solo lo scopo di presentare e far degustare il frutto, ma anche di ragionare sulle ragioni della crisi del prodotto agricolo più famoso del Monte Somma.