Avrebbero rubato reperti archeologici nell’area marina protetta della Gaiola a Napoli. Con questa accusa i carabinieri hanno denunciato due persone. Uno dei due avrebbe raggiunto su una tavola da surf gli scogli dello specchio d’acqua protetto a Posillipo, dove c’è l’antico porto romano e si presume ci sia anche l’ingresso di una antica domus. A colpi di pagaia avrebbe scalfito delle rocce per liberare sottostanti reperti archeologici, li avrebbe riposti in una busta nera che ha passato a un uomo e questi a un ragazzo che l’avrebbe presa e poggiata su una barca. Nella busta c’erano cocci, pezzi di anfore vinarie del I secolo dopo cristo e dell’epoca della Magna Grecia, manici, un frammento di tegame romano in ceramica del I secoli e un frammento di affresco romano.
Un addetto alla sorveglianza, notati i movimenti sospetti dei due, ha filmato tutte le fasi, avvisando subito i carabinieri. I militari dell’Arma hanno identificato un pescatore di frodo 23enne di Casoria e un pescatore 35enne di Pozzuoli giaà noto alle forze dell’ordine. La perquisizione in casa del più giovane ha permesso di sequestrare un frammento di un’anfora vinaria romana di età imperiale con parte del collo e le anse; in casa del secondo, una base di marmo con zoccolo di toro, un frammento di affresco policromo, anfore romane, capitelli, decorazioni in marmo e terracotta, la mano di una statua romana in marmo, un frammento di cornice in marmo, lucerne integre e con incisioni del I secolo dopo cristo, monete del periodo romano imperiale (catalogate dalla soprintendenza e oggetto di ricerca), chiodi e una borchia e grappe in bronzo. I due devono rispondere di furto aggravato, danneggiamento, ricettazione e impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato.
La base in marmo con zoccolo recuperata dai carabinieri è risultata un reperto del I secolo dopo cristo rubato nella villa di Francesco Ambrosio, il “re del grano” protagonista con la sua Italgrani di un crac da mille miliardi negli anni ‘90, ucciso nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2009 in quella dimora di lusso a 77 anni, insieme alla moglie Giovanna Sacco, 72 anni, da tre romeni, uno dei quali aveva lavorato per lui come stalliere-giardiniere. I tre portarono via un cospicuo bottino anche di gioielli e contanti, dopo aver seviziato i due coniugi, finiti il primo a bastonate la donna soffocata. I romeni furono arrestati il 16 aprile, dopo aver lasciato vistose tracce della loro presenza e della loro azione, compreso un bivacco nel giardino della villa allestito dopo gli omicidi. Ambrosio aveva regolarmente denunciato il possesso di quel pezzo archeologico alla Soprintendenza, dimostrando la regolarità della sua acquisizione, e per questo il reperto era regolarmente catalogato e inserito nel registro delle opere d’arte ricercate a livello internazionale.