È al momento di 69 vittime e quasi due milioni di persone coinvolte il bilancio dell’eruzione del Volcán de Fuego, in Guatemala (il vulcano, alto oltre 3.700 metri, si trova circa 35 chilometri a sudovest della capitale, Città del Guatemala). L’eruzione è stata improvvisa: un’esplosione di gas, fumo e ceneri, nella notte tra domenica e lunedì, ha oscurato il cielo ed è rapidamente caduta sul territorio circostante, densamente abitato, creando un effetto simile a quello di Pompei. Alcuni centri sono stati praticamente sepolti dalle ceneri. Sulla situazione è intervenuta ieri la diocesi di Escuintla, la più interessata dal disastro, con una nota firmata dal vescovo, monsignor Victor Hugo Palma Paúl: «Chiediamo alle autorità governative locali e nazionali di proseguire nel prestare i servizi che sono loro propri. In molti casi abbiamo riscontrato prontezza e impegno civile. È importante non restare a metà del cammino e prestare attenzione a migliaia e migliaia di persone colpite a Escuintla, Chimaltenengo y Secatepe’quez».
Il Volcán de Fuego è noto per la sua attività di tipo stromboliano, ma quello che si è verificato in questi giorni è il fenomeno più grave da diversi anni a questa parte. Intanto la Chiesa sta facendo la sua parte e si è subito mobilitata, attraverso le parrocchie e la Caritas, privilegiando coloro che hanno perso la loro abitazione e si trovano improvvisamente senza un tetto. Secondo gli esperti l’eruzione, simile a quella che distrusse Pompei, è però almeno dieci volte meno forte: «Il vulcano del Fuego ha generato colonne di ceneri e gas alte fino a 3-4 chilometri e flussi piroclastici, cioè una miscela di gas e materiale vulcanico. Il Vesuvio, invece, nell’eruzione del 79 d.C ha generato una colonna di gas e ceneri alta fino a 20-25 chilometri che collassando su se stessa ha prodotto flussi piroclastici come quelli osservati al Fuego».