L’area dei nuovi scavi di Pompei è stata «bonificata dagli ordigni bellici del 1943, come da legge». A chiarirlo, in una nota, è la direzione del Parco archeologico, in merito all’articolo di oggi del Fatto quotidiano “Le 10 bombe di Pompei” relativo alla presenza di eventuali ordigni bellici nell’area. «Nessun rischio, pertanto – sottolinea la direzione del Parco – nè per gli addetti ai lavori che effettuano gli scavi, nè per i turisti che visitano l’area. Presso i nuovi scavi della Regio V, rientranti nel vasto progetto di messa in sicurezza dei fronti di scavo (perimetro che circonda l’area non scavata) previsti dal Grande Progetto Pompei – spiega la direzione del Parco archeologico in una nota – le attività di indagine sono soggette a una rigida procedura di progettazione e controllo in tutte le fasi. Non è un caso che vi siano coinvolte professionalità differenti, (dagli ingegneri agli antropologi ai vulcanologi, e geologi oltre agli architetti, archeologi e restauratori) ciascuno per la sua competenza. Nel progetto di scavo, come in tutti i progetti in generale – si sottolinea – è previsto l’obbligo da norma di inserire nel piano di sicurezza la bonifica da ordigni bellici in aree che sono state soggette a bombardamento negli anni passati. Il Parco archeologico di Pompei ha regolarmente redatto il progetto di bonifica, che è eseguita dal Genio Militare che ne ha la competenza. Metro per metro è stata effettuata la bonifica dell’area, che viene ripetuta anche in caso di necessità, per eventuali saggi. Come per la regio V, la bonifica viene eseguita per tutti i progetti dell’area archeologica, tra cui il progetto in corso della nuova recinzione del sito. Nessun rischio, pertanto – conclude la nota – nè per gli addetti ai lavori che effettuano gli scavi, nè per i turisti che visitano l’area». Nell’ampio servizio pubblicato oggi in prima pagina del Fatto quotidiano, si parla di «un rischio che gli esperti conoscono, ma che non è facile disinnescare: almeno 10 ordigni inesplosi, tutti localizzati nell’area del Parco archeologico ancora da scavare». Dal 24 agosto 1943 le forze alleate sganciarono su Pompei 165 bombe, in nove incursioni aeree: 96 gli ordigni che, nel corso degli anni, sono stati localizzati, in base alla documentazione e ai rilievi dei danni provocati su strade, ville, muri del sito archeologico. «Ma le altre 70 bombe cadute nell’area da scavare dove si trovano? Quante sono quelle non esplose? Quali sono i rischi?» sono alcune delle domande poste dal quotidiano diretto da Marco Travaglio.

«Le informazioni riportate nell’inchiesta “Le 10 bombe sotto Pompei” sono frutto di un lungo lavoro di investigazione basato su documenti ufficiali e diverse fonti. Alcune di queste sono chiaramente citate nel testo, altre ci hanno richiesto l’anonimato, trattandosi in anche di persone impegnate a vario titolo nello stesso Parco Archeologico: fonti afferenti tanto al mondo dell’archeologia quanto a quello delle università occupate nella mappatura degli ordigni in situ». È la replica del Fatto Quotidiano alle osservazioni della direzione del Parco archeologico. «Nella nostra inchiesta – prosegue in una nota il giornale diretto da Marco Travaglio – non parliamo genericamente dell’area dei nuovi scavi Regio V, come ci attribuisce la direzione del Parco. Facciamo bensì riferimento, con precisione, all’area non scavata, quella alle spalle dei fronti di scavo, nelle Regiones I-III-IV-V-IX. Per maggiore chiarezza ribadiamo anche, come più volte scritto nel corso dell’inchiesta, che si tratta di aree non aperte al pubblico, come ben sa la direzione del Parco: nessun rischio pertanto per i turisti e i cittadini stessi». Ma la domanda alla base di questa prima puntata dell’inchiesta su Pompei, per Il Fatto, rimane questa: «Se sono 96 gli ordigni che, nel corso degli anni, sono stati localizzati nelle aree scavate di Pompei, in base ai rilievi dei danni provocati su strade, ville, muri del sito archeologico, e sappiamo – sulla base della documentazione conservata all’Aerofototeca Nazionale dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione del ministero dei Beni culturali – che in tutto furono sganciate almeno 165 bombe, le altre 70 dove si trovano? E quante sono quelle non ancora esplose?». L’inchiesta “Le 10 bombe sotto Pompei” inaugura la nuova iniziativa editoriale del Fatto quotidiano: Sherlock – a cura di Antonio Padellaro e Maddalena Oliva – oggi in edicola con uno speciale di 6 pagine. «E, visto che Sherlock torna sempre sul luogo del delitto, durante tutta la prossima settimana, a partire da domani, il viaggio a Pompei – annuncia il Fatto – continueraà, per svelare i misteri ancora sepolti dalla terra nera sotto il Vesuvio».