La Suprema Corte, seconda sezione penale, presieduta dalla Dott.ssa Cervadoro e che ha visto come relatore il dott. Mantovano, ha annullato il decreto emesso in data 14.05.19 dalla Corte di appello di Napoli – VIII sezione penale – con il quale erano stati confiscati ingenti beni ritenuti fittiziamente intestati dal boss “Mimmo” Cesarano ai figli Rocco, Felice e Mafalda, alla moglie Innarella Maria Grazia, alla nuora Annunziata Rita ed al genero Nunziata Antonio. I beni confiscati consistevano in numerose unità immobiliari, tra ville e appartamenti situati tra Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e Capo Rizzuto. Inoltre, tre terreni, due società di produzione e confezionamento di articoli di abbigliamento, sette conti correnti, azioni, due polizze assicurative ramo vita e quattro autovetture. La confisca era scaturita a seguito delle accuse provenienti da numerosi collaboratori di giustizia, quali Carmine Alfieri, Salvatore Giuliano, i fratelli Fiore e Luigi D’Avino. Sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i giudici di primo grado e quelli di secondo grado avevano ritenuto che i beni oggetto di confisca erano tutti frutto certamente delle attività delinquenziale svolta sin dagli anni ’90 da colui che è soprannominato “Mimmo o pezzaro”, pluricondannato per reati di camorra, braccio destro del super boss Mario Fabbrocino e in stretto e costante rapporto delinquenziale con Biagio Bifulco, altro elemento di spicco della criminalità vesuviana.
I familiari del boss Domenico Cesarano, soggetti mai condannati per reati di camorra e dediti al lavoro, sarebbero stati individuati, quindi quali intestatari fittizi del patrimonio venutosi a creare con le attività criminali. Ma l’ipotesi formulata degli inquirenti, sulla base di riscontro di plurime sentenze di condanna per allarmanti reati a carico di Domenico Cesarano, ha trovato una battuta di arresto con la decisione assunta dai giudici di legittimità. È stato in tal modo premiato il lavoro svolto da tempo dagli avvocati Sabato Saviano del Foro di Nola e Carmine D’Anna del Foro di Avellino, con l’ulteriore contributo reso innanzi alla Corte di Cassazione dall’avvocato Dario Vannetiello del Foro di Napoli. I giudici capitolini hanno stabilito che, in favore di tutti quei familiari che erano stati ritenuti intestatari fittizi, dovrà procedersi ad un nuovo giudizio innanzi alla Corte di appello di Napoli. Seppur ancora non si conoscono le ragioni dell’annullamento, di ampia portata in quanto avvenuto in favore di ben sette ricorrenti e con riferimento a tutti i beni oggetto di confisca, con la recente decisione i familiari del boss vesuviano possono sperare nella restituzione dell’ingente patrimonio sequestrato.