Nei giorni scorsi presso l’ospedale di Nola ricoverata, prima in pronto soccorso e successivamente in terapia intensiva, una paziente di 52 anni con sindrome di Moschcowitz. Una porpora trombotica trombocitopenica. Un quadro clinico molto grave caratterizzato da un’insufficienza multi-organica ed alterazione degli esami ematochimici con marcata anemia e piastrinopenia. Si tratta di una malattia rara, con una incidenza stimata di 2-4 casi per milione, che colpisce con più frequenza le donne di età compresa tra i 20 ed i 50 anni. Con una mortalità maggiore del 90% se non adeguatamente trattata.
Diagnosi
Una volta confermata la diagnosi, il direttore della terapia intensiva nolana, dottor Raoul Vincenti, con la sua equipe e la collaborazione del nefrologo dottor Nappi si è deciso di intervenire direttamente al presidio di Nola. La scelta anche in considerazione dell’impossibilita, causata dall’emergenza Covid-19, di trasferire la paziente presso la terapia intensiva di altra struttura ospedaliera.
Terapia
La terapia scelta è, appunto, la plasmaferesi terapeutica (plasma exchange). Procedura che è effettuata soltanto in alcuni centri di alta specializzazione. Alla terapia intensiva nolana praticate in totale 18 sedute di plasma exchange con l’utilizzo di 252 sacche. Durante la degenza, la paziente – avendo avuto bisogno di una prolungata ventilazione meccanica invasiva – è anche sottoposta ad un intervento di tracheotomia temporanea effettuato dallo stesso direttore della terapia intensiva Vincenti.
Il trasferimento
In seguito al netto miglioramento delle condizioni cliniche, con il recupero di tutte le funzioni organiche gravemente compromesse, è stata rimossa la cannula tracheotomica. La paziente poi trasferita presso il reparto di ematologia dell’ospedale Moscati di Avellino per eventuali ulteriori approfondimenti diagnostici.
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