Elezioni Amministrative a Napoli: proseguono gli incontri/interviste con i candidati al Consiglio Comunale dei vari schieramenti. Stavolta è il turno di Sergio D’Angelo: Direttore Generale della Gesco, Gruppo di Imprese Sociali, nonché, Capolista della lista civica di Centrosinistra “Napoli Solidale”.
di Andrew
Napoli, 09/09/2021. Siamo nei pressi del Centro Polifunzionale per intervistare nientemeno che Sergio D’Angelo, Direttore Generale della Gesco, Gruppo di Imprese Sociali, oltre che Capolista della lista civica “Napoli Solidale” a sostegno della candidatura a Sindaco di Napoli di Gaetano Manfredi. Per voi lettori de il Fatto Vesuviano, un’intervista esclusiva ricca di contenuti e di iniziative legate sia al programma elettorale di Sergio, oltre che alla sua attività da Direttore Generale della Gesco.
1) Andrew: “Chi sei? Parlaci un pò di te.”
1) Sergio: “Beh, sono Sergio D’Angelo, impegnato ormai da circa quarant’anni nel settore sociale del Welfare di prossimità, e guido il gruppo Gesco, che è forse il gruppo d’imprese sociali più grande del Mezzogiorno d’Italia, certamente, nel tempo, è diventato il gruppo d’impresa con il maggior numero di occupati nel settore privato della Città di Napoli. Lo dico con un profondo rammarico, non ci si può rallegrare di un tale primato perché sta lì a certificare che nel frattempo, molte imprese private, sono cessate ed hanno fallito. Quando siamo nati, all’inizio del ’91, esisteva ancora l’Italsider, esisteva ancora Cementir, l’Olivetti, e da lì in avanti poi si sarebbe verificato un progressivo impoverimento dell’insediamento industriale della nostra città, com’è noto, insomma, ad essere la città che, appunto, l’esperienza di Bagnoli è nota a tutti, o l’area Flegrea in generale. Ci occupiamo prevalentemente di Welfare di prossimità, che significa tutto quello che è possibile immaginarsi nel settore socio-assistenziale, socio-educativo e socio-sanitario. Quindi, ci occupiamo di anziani, di donne, di bambini, di giovani, tossicodipendenza, sofferenza psichiatrica, d’immigrazione, di prostituzione, di violenza alle donne, ecc. Quindi realizziamo asili nido, piuttosto che comunità e centri di accoglienza per tossicodipendenti, piuttosto che centri diurni per la salute mentale, davvero, tutto quello che ci si può immaginare. E tutto quanto ha davvero prodotto un sistema di Welfare davvero importante nella nostra città, nella nostra Regione, ed anche la bellezza di tremilacinquecento occupati. E negli ultimi anni abbiamo preso a fare investimenti con risorse proprie anche altri settori come nel caso della ristorazione, del turismo, del tempo libero, della cultura, così come della mobilità sostenibile, ci occupiamo di ambiente, di rifiuti, perché, in fondo, come dire, abbiamo recuperato un’idea di Welfare, che corrisponde alle regole dello stare insieme, alla costruzione di percorsi di benessere. E a furia di fare questo lavoro ci siamo posti il problema di capire come potessimo dare un contributo per migliorare più complessivamente la qualità delle istituzioni, e quindi, la qualità della politica. E noi rivendichiamo il ruolo politico che abbiamo avuto in questi anni e che abbiamo assicurato. Laddove, per politica, s’intende come sarebbe corretto ritornare ad intenderla così la politica e cioè, un modo, con il quale collettivamente si prova a ricercare soluzioni ai problemi individuali delle persone. Il sociale è stato questo insomma. Ed è un qualcosa di troppo contiguo con la politica. Noi siamo interessati non tanto a garantire assistenza, o perlomeno anche l’assistenza che abbiamo garantito, l’abbiamo garantita producendo trasformazione, cambiamento. Che significa, per l’appunto, cambiamento della mentalità, superamento dei pregiudizi, che significa però anche trasformazione-sociale, persino l’urbanistica talvolta. Qui a Poggioreale, ad esempio, abbiamo realizzato appena cinque anni fa, con risorse interamente nostre, un intervento di rigenerazione urbana e sociale al tempo stesso, quando abbiamo recuperato un vecchio opificio ed abbiamo realizzato un grande ristorante, per oltre duecento coperti e una scuola di formazione per tutte le arti ed i mestieri. E soprattutto, abbiamo poi dato opportunità di lavoro a circa quaranta giovani, che ci sono stati segnalati dai servizi sociali territoriali o che venivano da percorsi anche di devianza con problematiche ancora più impegnative. Quindi in questo senso abbiamo realizzato contemporaneamente un’operazione di rigenerazione urbanistica e sociale al tempo stesso. Ecco, noi interpretiamo così il ruolo che abbiamo svolto e costruito come funzioni in capo a Gesco, a questo complesso insieme di organizzazioni riunite nella stessa, ed è l’apporto che abbiamo assicurato alla città, in questo senso. La politica, dovrebbe avere questo compito, ovvero, di tornare a produrre trasformazione, cambiamento, e ritornare a svolgere una funzione pedagogica-formativa nel rapporto con la cittadinanza. Questo è il motivo per cui in maniera COERENTE con l’impegno profuso in questi quarant’anni ci è sembrato naturale fare un investimento in politica con la mia candidatura, che non è la candidatura di Gesco, bensì, è la candidatura di un insieme di esperienze, realtà civiche, sociali, dell’associazionismo territoriale, ambientalistiche, che ritiene che possa e debba essere intrapreso un percorso, innanzitutto col senso di difficoltà ulteriore che sta vivendo la città, aggravata, ulteriormente a proseguire l’impegno che abbiamo dato per più di quarant’anni. Questo è quello che abbiamo fatto ed è questo, quello che sono”.
2) Andrew: “Qual è il tuo programma per le periferie?”
2) Sergio: “Io ho un’idea particolare sulle periferie. Credo che dal punto di vista geografico ed urbanistico non esistano le periferie a Napoli. Perché, se ci si pensa, la periferia più lontana consente di raggiungere il centro della città in 5-10 minuti, al massimo in un quarto d’ora se non c’è traffico. E non certo grazie “all’efficienza” del trasporto pubblico urbano, ma semplicemente perché le distanze sono davvero molto contenute. Esistono invece le periferie perché sono state pensate come tali, come quartieri dormitori, in cui ammassare gli strati più popolari e meno abbietti della città. Ecco questo ha marginalizzato quegli abitanti, ed è stato grave che in questi trenta-quaranta anni non si sia considerato che, in fondo, più della metà della cittadinanza vive nelle periferie, e non credo che si possa sostenere che più della metà degl’interventi politici e strutturali realizzati in tutti questi anni siano stati dedicati alla periferia. C’è stata certamente più attenzione alla “City”, al centro storico, alla parte alta della città. Io vedo una città divisa in due: la parte alta e la cosiddetta parte bassa. Ed è una condizione inaccettabile, oltre che difficilmente governabile, perché trovo che ormai ci sia quasi una metà dei cittadini che vivono una condizione d’infelicità per le condizioni in cui sono costretti a vivere, ma anche perché non sanno come arrivare a fine mese. Vivono una condizione di precarietà che non è solo il rapporto al lavoro, ma è divenuta ormai precarietà esistenziale, del resto che Napoli sia diventata epicentro della povertà, epicentro della disoccupazione, anche per la dispersione scolastica, ma è tutto lì nelle periferie, è noto da tempo. Ed è stato un errore grave non renderci conto che avremmo avuto necessità di concentrare le politiche esattamente con un’attenzione diversa rispetto a quella che abbiamo avuto nei confronti di questi cittadini. Perché a furia di essere infelici, quello che può accadere, è che l’infelicità si trasformi in rabbia e se c’è una parte così consistente di città che s’incattivisce, quello che può succedere…temo che sia quello che sta succedendo, è che l’altra parte di città, quella che può contare su una condizione di benessere, di maggiore agitazione, è che, oggettivamente, si è conquistato questa maggiore agitazione. Persino loro, quella parte lì, incomincia a temere, a vivere, come una minaccia, questa crescente precarizzazione. Allora, investire nelle periferie, investire nelle persone più fragili, in difficoltà, non è solo un problema di giustizia, non è neppure un problema legato alla cultura di “cristiana-misericordia”, è semplicemente piuttosto conveniente, è necessario farlo, perché se non lo facciamo, con questo crescente incattivimento delle persone, davvero qualsiasi progetto di sviluppo diventa impossibile. Cioé, noi possiamo parlare della necessità di mettere in sicurezza il territorio perché un’attività economica possa svilupparsi, che è l’unica possibilità per dare occupazione in questa città, che resta la più potente nelle politiche sociali. Ecco, in questa situazione, diventa davvero tutto improbabile, e diventa anche improbabile difendere un intervento di manutenzione straordinario, come recuperare un parco, che poi il giorno dopo viene nuovamente devastato. Diventa complicato contenere la rabbia ed il disagio giovanile, che canalizza le proprie energie davvero nella direzione distruttiva, quindi ogni volta ci si scandalizza, ma veramente non ci si dovrebbe sorprendere più di quello che succede nella nostra città. Allora, io in questo senso ritengo che sia giusto investire sugl’ultimi, serve farlo, serve ridurre il divario, ma soprattutto è conveniente farlo. Perché altrimenti, facciamo veramente fatica a capire come questa città possa davvero ripartire”.
3) Andrew: “Cosa ti ha spinto a ritirare la tua candidatura a Sindaco di Napoli a favore di quella di Gaetano Manfredi?”
3) Sergio: “Beh a dire il vero io ho sostenuto fin dal primo giorno che mi candidavo perché, a quel tempo, quando l’ho fatto, Manfredi non aveva ancora formalizzato la propria candidatura, e neppure Catello Maresca ( Candidato a Sindaco di Napoli della coalizione di Centrodestra ), per cui, decisi di candidarmi perché sentivo la responsabilità di fronte ad una città in estrema difficoltà. Tuttavia, poiché non ero ossessionato dall’idea di dovermi candidare a Sindaco, ma sentivo di esserci alla base di questa mia scelta, soprattutto, la motivazione di grande responsabilità che ho verso questa città, che amo, che è la città in cui sono cresciuto, dove crescono i miei figli, dove vivono, ed ho il mio lavoro, e pensai che forse è necessario dare questa disponibilità. Poi via via, sono venuti fuori gli altri candidati, appunto Manfredi, e già allora dicevo, semmai mi trovassi di fronte ad una candidatura più inclusiva, ad un progetto convincente, avrei potuto rivedere la mia decisione. Così ho fatto, e chi mi conosce, sa che non amo le fughe in avanti in solitario. Allora il Centrosinistra mi sembrava molto disorientato, il cosiddetto Centrosinistra che non è più il Centrosinistra che abbiamo conosciuto agl’inizi del secolo scorso, e sembrava molto disorientato, di fatto, si parlava di far candidare l’allora Ministro Amendola, poi successivamente il Presidente della Camera, Roberto Fico, ed infine Manfredi. Insomma, mi sembrava che ci fosse davvero molto disorientamento, rispetto all’urgenza che si aveva di ritrovare un percorso, individuare una personalità inclusiva, e anche costruire un progetto convincente sulle cose da farsi, perché era urgente fare, ed i problemi storici di questa città, sono stati aggravati dalla pandemia che avrà, ed ha, conseguenze sociali ed economiche che ancora oggi non riusciamo fino in fondo ad apprezzare. Quindi bisogna fare in fretta. E poi bisogna fare in fretta anche perché, appunto, insieme a questi problemi si avrà a disposizione la straordinaria opportunità costituita dalle risorse aggiuntive del Recovery, che possono davvero consentire un percorso di rilancio per la città. Per questo abbiamo bisogno di uno sforzo collettivo di mettere da parte anche le ambizioni personali e di costruire le condizioni affinché le istituzioni ritornino a dialogare fra loro. Non ho mai compreso perché una parte dei napoletani rivendicasse AUTONOMIA, ma non si capisce bene da che cosa. A Napoli vive un milione di cittadini napoletani ma al tempo stesso campani, al tempo stesso anche altri italiani, al tempo stesso europei, quindi, bisognava e bisognerà fare il contrario. Bisognerà esigere dagl’altri livelli istituzionali molta attenzione per la città, e bisognerà predisporre la città perché si abitui a collaborare con le altre istituzioni in tempi di pace, tempi più ordinari. Napoli non si è mai potuta governare da sola a sé stante, ma perché non è giusto governarla solo da Napoli. In tempi di guerra e di difficoltà aggiuntive come quelli che stiamo vivendo adesso si ha il dovere di esigere che la comunità Europea, che la Regione, che il Governo Nazionale comincino ad investire seriamente al Sud Italia e sulla Capitale del Sud e su quella che fù la Seconda Capitale Europea, che altri non è che Napoli. Io penso che questo si dovesse fare e per questo motivo non ho fatto un passo indietro, ho fatto un “passo di lato”. Ho deciso di sostenere Manfredi, di condividere i progetti e di scrivere insieme il programma su Napoli, stabilendo le priorità e di ispirare insieme agl’altri una lista a sostegno di Manfredi, che altri non è che “Napoli Solidale”, della quale lista oggi sono, per l’appunto, il Capolista”.
4) Andrew: “Quali sono i motivi che ti hanno portato all’allontanamento nei confronti di de Magistris?”
4) Sergio: “Personalmente non mi riconosco in questa affermazione. Io non mi sono allontanato da de Magistris. Casomai trovo che de Magistris abbia abbandonato egli stesso il suo originale progetto politico. Peraltro, forse vale la pena ricordarlo, io sono stato Assessore della prima Giunta di de Magistris, al suo insediamento e quindi nel 2011. E lo sono stato per diciotto mesi, appena diciotto mesi. Non sono mai stato iscritto a DeMa ( Movimento politico di Luigi de Magistris, ndr. ), quando allora non esisteva ancora, e forse vale la pena ricordare, per contestualizzare un pò quel tempo, che il Presidente del Consiglio dei Ministri era Mario Monti, e nel Napoli giocava ancora Lavezzi, quindi stiamo parlando di un tempo…cioè, quando mi si chiede, perché ho deciso di abbandonare il progetto de Magistris…tu ed i tuoi colleghi, vi siete molto tardivamente dimenticati di chiedermelo! Perché sono passati nove anni da allora ( sorridendo, ndr. ) quindi, proprio un’era, diciamo dal punto di vista politico completamente diverso. Per cui, ho deciso, valutando con la dovuta attenzione, come quel mio percorso, non potesse essere più quello di de Magistris. Perché già dopo appena diciotto mesi, trovavo che si tentennasse e si procedesse in maniera troppo ondivaga, non avendo una visione della Città, trascurando soprattutto alcune priorità che erano la base, che erano l’impegno politico post-elettorale anche di quel tempo. Come ad esempio il tempo delle periferie piuttosto che quello del Welfare. Ricordo bene che quei diciotto mesi, furono diciotto mesi molto difficili per me, e perché difendere il livello di spesa, anzi, provare ad investire, ad esigere che l’investimento fosse maggiore, come fu per appena diciotto mesi, perché noi ereditammo una situazione il cui livello di spesa sociale precedente ammontava a sessanta milioni di euro. E in diciotto mesi, lo portammo a cento milioni di euro. Adesso, quel livello di spesa, è riprecipitato a cinquanta milioni. Fu molto complicato, ed io mi trovavo davvero in forte disagio. Allora valutai che forse sarebbe stato più utile se fossi tornato a concentrarmi nelle cose che fin lì avevo garantito, fatto in Città, sol sociale, attraverso le tante iniziative dal punto di vista economico-sociale che avevo contribuito a produrre. Per cui, non lasciai in maniera polemica, bensì, perché cominciai a nutrire delle perplessità. Poi, più di recente, nello specifico nel 2017, sono stato nuovamente chiamato da de Magistris per guidare ABC, che è la nostra azienda speciale dell’acquedotto, perché la stessa era in grande difficoltà, pertanto, fui nominato Commissario Straordinario. E quando sono arrivato ad ABC non aveva ancora potuto approvare gli ultimi cinque bilanci di esercizio, quindi, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 che poi riuscii ad approvare, tutti con risultati economici positivi che ci consentirono di reinvestire in più utili prodotti per interventi di manutenzione straordinaria sulle nostre reti ed acquedottistiche i cui ultimi interventi straordinari furono finanziati con la Cassa del Mezzogiorno, quindi negl’anni ’60. Lo feci perché sentii, anche in questo caso, il dovere e la responsabilità di dare una mano per salvare l’azienda pubblica. Non ho mai considerato quella mia disponibilità come un’adesione ad un progetto politico”.
5) Andrew: “Cosa ne pensi della candidatura a Sindaco di Napoli di Antonio Bassolino?”
5) Sergio: “Io rispetto la sua decisione, rispetto l’uomo, che guardo anche con ammirazione, alla determinazione, alla passione con cui lui ha valutato di dover ritornare ad investire la sua persona dopo una situazione di grande difficoltà. Ma al netto di queste preliminari considerazioni, ritengo che nessuno possa considerarsi esente da responsabilità e che, nonostante le diciannove assoluzioni di Bassolino, di altrettanti diciannove procedimenti giudiziari, credo che questo non lo assolva da alcune responsabilità politiche, che io non drammatizzo e che non ho mai, come dire, criminalizzato. Intanto sono contento delle diciannove assoluzioni. Penso che Bassolino sia un uomo che ha accumulato davvero una grande esperienza: è stato Sindaco per due volte, per due volte Presidente della Regione Campania, ed anche il Ministro del Lavoro, oltre che Segretario del Partito Comunista, per cui, sarebbe singolare che attraverso tutte queste esperienze non avesse accumulato una conoscenza adeguata per poter trattare anche i problemi della Città che ci sono stati. Però, a voler essere fino in fondo onesti, molti dei problemi di cui discutiamo ancora oggi, nascono esattamente negl’anni ’90. Se oggi parliamo ancora di Bagnoli e di Napoli Est, vale a dire, della riqualificazione di due importanti aree della Città, dalla cui riqualificazione può partire lo sviluppo della stessa all’interno delle due aree. Perché a me fa un pò sorridere che la responsabilità di questi progetti possano essere addebitati solo ed esclusivamente a quest’ultimo decennio della Giunta de Magistris. Così come con la stessa onestà credo che andrebbe detto, riconosciuto, il tema della povertà o delle periferie abbandonate, mi sembra un tema così antico. E da questo punto di vista, ecco, credo che l’esperienza de Magistris mi appare più in continuità di quanto egli stesso non abbia mai potuto sostenere con l’esperienza del precedente ventennio. Quindi, al netto del rispetto del massimo riguardo che ho per Bassolino, per la sua storia e per la sua grande esperienza, questo non m’impedisce di riconoscere che molti di quei problemi di cui discutiamo hanno inizio nel periodo degl’anni ’90. Perché si, ci sono state le assoluzioni, ma ci sono anche le tonnellate di eco-balle, ancora lì, a testimoniare che qualcosa di molto serio non ha funzionato in tutti questi anni. Certamente che non ha funzionato neppure in questi ultimi dieci anni. Sia dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti, sia dal punto di vista nel realizzare l’impiantistica di cui avremmo avuto bisogno. Sul tema dei rifiuti è evidente che molte cose non hanno funzionato. E credo che questo chiami in causa la responsabilità dell’intera classe politica e dirigente di questi ultimi trent’anni”.