“In Giappone vi sono circa cento vulcani attivi legati alla subduzione. In Italia abbiamo dieci vulcani che consideriamo attivi. Il Marsili”, che si trova nell’asse tra Palermo e Napoli e lo abbiamo scoperto solo tra le due guerre mondiali. “E’ un vulcano di notevoli dimensioni, ma non abbiamo un sistema di monitoraggio sottomarino che ci permetta di comprenderne appieno l’attività. Nemmeno il livello di esplosività che dipende appunto dalla chimica dei suoi magmi. Abbiamo comunque diversi vulcani subaerei per i quali dobbiamo prestare la massima attenzione, specie quelli legati alla subduzione perché più esplosivi. Come il Vesuvio, i Campi Flegrei, Ischia, Stromboli e Vulcano. Per quelli sottomarini, come il Palinuro e altri, l’Ingv è sempre impegnato in campagne per la loro migliore sorveglianza”. E’ quanto spiega l’accademico dei Lincei e presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, in una intervista al Corriere della Sera in cui parla del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai che ha causato il disastro delle isole Tonga.
“Sulla Terra vi sono in media sempre 40-50 vulcani attivi. Non abbiamo ancora informazioni dirette e diffuse dei vulcani attivi sottomarini, specie se non emergono dal livello del mare con materiale esplosivo o effusivo. Sappiamo che il fondo dell’Oceano Pacifico è costellato da migliaia di vulcani, ma ne conosciamo solo una piccola parte – sottolinea l’esperto – I vulcani sottomarini sul lato occidentale del Pacifico sono legati alla subduzione, la discesa della litosfera, il guscio esterno della Terra spesso circa 100 km, dentro il mantello terrestre”.