È morto, nel carcere di Opera, a Milano, l’ex reggente del clan Di Lauro, Cosimo Di Lauro. Nella struttura penitenziaria milanese era detenuto in regime di 41 bis. Secondo quando si è appreso sarebbe disposta l’autopsia. Cosimo, in carcere dal lontano 2005, era figlio di Paolo Di Lauro, capoclan dell’omonima organizzazione camorristica di Secondigliano. Fratello di Marco, anche lui detenuto in regime di carcere duro, in Sardegna e per anni latitante. Cosimo, 49 anni, era ritenuto dagli inquirenti della Dda di Napoli colui che diede vita alla prima faida di Scampia che provocò un centinaio di morti.

Lo stato di salute mentale di Di Lauro sarebbe stato compromesso da tempo. Per i suoi legali era ormai diventato impossibile rapportarsi con il loro cliente. Rifiutava di partecipare agli incontri e rifiutava le notifiche. Gli avvocati, in più occasioni, hanno chiesto all’autorità giudiziaria di disporre una perizia finalizzata a valutare la sua capacità di intendere e di volere. Ma le istanze sono sempre finite rigettate. Il decesso è comunicato attraverso una Pec stamattina nella quale veniva specificato che la morte era sopraggiunta alle 7.10.

Cosimo Di Lauro è ritenuto colpevole di numerosi omicidi: condannato all’ergastolo per l’omicidio di Massimo Marino, cugino del boss Gennaro Marino, detto «Mckay», quest’ultimo ritenuto il «braccio destro» del capoclan Paolo Di Lauro. Gennaro Marino, secondo le indagini non accettò mai che Paolo Di Lauro avesse lasciato la guida del criminale nelle mani del figlio Cosimo. Proprio questa decisione avviò la lenta scissione che vide coinvolti i gruppi Abbinante, Abete, Amato (famiglia che si era trasferita ormai in Spagna per sfuggire alla guerra) e il gruppo Pagano.