A Catania, in una cattedrale stracolma di gente, l’arcivescovo Luigi Renna ha da poco finito di pronunciare la sua omelia davanti alla bara della piccola Elena Del Pozzo. Invocando gli adulti a non cedere all’odio nei confronti della sua mamma che nove giorni fa, a Mascalucia, ha ucciso la figlia di 5 anni sferrandole 11 coltellate alle spalle. Perché, ha detto al giudice confessando il delitto, non riusciva a guardare in faccia la bimba. Poco dopo le parole di Renna, quando la piccola bara bianca è apparsa sul sagrato della chiesa, la folla ha gridato «vergogna, vergogna». Confermando che la rabbia della gente nei confronti della ventitreenne Martina Patti, reclusa e guardata a vista, è tutt’altro che svanita. Anche se nella piazza, al grido di «vergogna, vergogna» si è unito un coro di «Elena, Elena». Sono volati palloncini bianchi con attaccate le foto della bimba.
L’arcivescovo – che prima della funzione religiosa ha abbracciato i familiari di Elena e il padre Alessandro, in chiesa con la nuova compagna – aveva avuto sentore del clima, concentrando il suo discorso sulla necessità del perdono: «Tutti noi, come giudici, siamo pronti a lapidare sempre qualcuno che ha sbagliato. Ho letto su un muro della città una frase che chiedeva riposo eterno per Elena e tormento eterno per la sua mamma. Non credo che la piccola Elena sarebbe d’accordo con quelle parole, come ogni bambino».