Da pochi giorni è terminato l’irruento ma breve calendario che come ogni mese consente di gestire ordinatamente l’elargizione della pensione. Questo rateo si è distinto per aver apportato al contestuale cedolino l’inclusione di alcune misure economiche; una straordinaria, l’altra ordinaria. La prima ha riguardato il bonus 200 euro destinato ad una buona fetta di pensionati a fronte del rincaro delle bollette e dell’inflazione.
Il contributo “una tantum” è stato erogato direttamente dall’INPS tramite una procedura automatica, senza alcuna richiesta da parte degli anziani contribuenti. I soggetti interessati hanno condiviso questa misura. Ad oggi corrisponde alle sole competenze di luglio ma che entro ottobre prossimo coinvolgerà anche i lavoratori dipendenti e i percettori di Reddito di Cittadinanza. L’altra misura, quella ordinaria, concerne la quattordicesima INPS ai pensionati possessori di redditi bassi.
INPS, quali prerogative occorrono per il rinnovo dell’Opzione donna e dell’Ape sociale
Quello della pensione è un tema che continuamente sale agli onori della cronaca. Perché chiama spesso in causa chi ancora non percepisce il trattamento, rispetto a chi lo riceve. L’occasione più propizia per parlarne è legata alla presentazione del Rapporto annuale INPS, giunta al XXI anno, presso la Sala della Regina di Montecitorio. Il tema sembra essere sempre il medesimo: gli importi lordi troppo bassi delle fasce pensionistiche più deboli.
Il Rapporto ha segnalato, per l’anno 2021, una presenza pari al 32% delle pensioni inferiori a 1.000 euro al mese: si parla di circa 5 milioni e 120.000 persone. Le somme lorde prese in considerazione sono già maggiorate delle integrazioni al minimo associate alle prestazioni, delle varie forme di Indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni.
Ben il 40% dei pensionati possiede un reddito inferiore a 12.000 euro. Inoltre, per mantenere vive le risorse delle casse previdenziali, i giovani lavoratori dovrebbero lavorare tre anni in più rispetto all’attuale numero degli anni contributivi richiesto, mettendo – al contempo – in serio rischio il ricambio generazionale nel mondo del lavoro. La scadenza di misure come Opzione donna e l’Ape sociale pone ancora delle domande sul loro eventuale rinnovo ma sta di fatto il superamento delle misure temporanee di flessibilità in uscita dovranno passare per la riduzione dell’orario come possibile modalità di uscita dal mercato del lavoro.
fonte consumatore.com