Acque delle piscine provenienti da pozzi artesiani non potabili, presenza di batteri oltre i limiti consentiti, escherichia coli e microbi che generano infezioni. Da Catania a Parma, i blitz dei carabinieri dei Nas nei parchi acquatici e nelle piscine, meta del divertimento estivo di famiglie e turisti, hanno svelato irregolarita’ nel 28% dei casi su un totale di 288 controlli. In 83 strutture le verifiche hanno portato alla contestazione di 108 sanzioni penali ed amministrative per oltre 40 mila euro. E in dieci casi è disposta la chiusura degli impianti, perche’ abusivi o a causa di “gravi criticita’”.
I luoghi
Si tratta di impianti che valgono dalle centinaia di migliaia di euro a svariati milioni, alcuni appartenenti a dei privati, altri senza alcun rispetto di norme igieniche o senza autorizzazioni. Ad impressionare sono le quattro ispezioni nelle province di Messina, Viterbo e Latina, dove e’ stata accertata – scrivono i militari – “la inidoneita’ delle acque utilizzate negli impianti natatori e di divertimento, rilevando anche elevati contenuti di coliformi fecali e cariche batteriche, tali da rendere l’acqua pericolosa per la salute umana a causa di potenziale rischio di tossinfezioni”. Vale a dire che, in quelle vasche dove le persone nuotavano e i bambini giocavano, l’acqua e’ solo apparentemente pulita, ma e’ talmente sporca da provocare infezioni alla pelle e non solo: tra i batteri trovati in alcune analisi, anche ‘escherichia coli’ e ‘pseudomonas aeruginosa’.
A Napoli
A Napoli, Reggio Calabria e Bari sono invece scattati i sigilli perche’ le piscine ei parchi, in realta’ riconducibili a proprieta’ private o strutture ricettive, erano totalmente abusive e usate arbitrariamente come aree ricreative aperte al pubblico con ingresso a pagamento. Durante le verifiche dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanita’ dei carabinieri non sono mancate le violazioni alle normative di sicurezza sui luoghi di lavoro e di prevenzione ai rischi di utilizzo degli utenti, incluse le misure anti-Covid, come l’assenza di sanificazioni. Anche gli alimenti sono risultati ‘fuorilegge’. Nei punti ristoro all’interno delle strutture, sono sequestrati oltre 250 chili di cibo scaduto che era venduto e somministrato ai clienti, oltre alle carenze igieniche e strutturali degli ambienti di preparazione dei pasti, spesso con cucine rimediate in spazi ristretti, privi di ogni minimo requisito per garantire condizioni di funzionamento e manutenzione.