Il 16 giugno 2018 finì sequestrato a Trento un carico di droga che avrebbe potuto fruttare circa 3 milioni di euro sul mercato dello spaccio, precisamente 11 chili di polvere bianca purissima suddivisa in 10 panetti nascosti nella cabina dell’autocarro. Finì arrestato in flagranza di reato l’autista del camion, Luigi Canfora di Terzigno. Arrestati anche gli altri concorrenti nel reato tra cui spiccavano i nomi di narcotrafficanti eccellenti, come Vincenzo Starita e Liberato Spera. Secondo la DDA di Napoli il capo indiscusso dell’operazione illecita e di quella ingente importazione di cocaina risultava essere Ferdinando Campanile (difeso dagli avvocati Gennaro De Gennaro e Antonio Del Vecchio) che doveva rispondere del ruolo di committente e finanziatore di quella operazione, con l’aggravante dell’ingente quantità, visto che la transazione illecita riguardava 11 kg di sostanza stupefacente.
Il Pm aveva chiesto una condanna severissima di anni 8 di reclusione ma il GIP del Tribunale di Napoli ha condiviso le considerazioni difensive ed ha escluso l’aggravante dell’ingente quantità sebbene fossero sequestrati 11 kg di cocaina, condannando il Campanile ad una minima pena di anni 5 di reclusione. Quest’ultimo era considerato dalla corte di Appello di Napoli poche settimane fa vicino al Clan Batti ma la sentenza emessa nella giornata di ieri conferma che il Campanile era un narcos autonomo e lontano da altre consorterie criminali, operando in autonomia nei traffici internazionali.
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