Il vulcano partenopeo ed i suoi effetti. In tal senso si è conclusa una serie di campagne di misure geofisiche nel settore sud-occidentale del Vesuvio, all’interno della riserva “Tirone finalizzata all’identificazione di strutture vulcaniche legate all’eruzione pliniana “di Avellino” avvenuta circa 4.000 anni fa, nel II millennio a.C. Dunque scoprire cosa sia accaduto in passato per provare a prevenire quello che potrebbe accadere in futuro, anche per valutare l’efficienza dei vari piani messi in campo per l’evacuazione.
Le attività svolte, fa sapere l’Ingv, “hanno lo scopo di identificare e caratterizzare, con un approccio multidisciplinare, le strutture vulcaniche sub-superficiali presenti nell’area per comprenderne la geometria. Le metodologie di indagine utilizzate sono di tipo geofisico (sismica attiva ad alta risoluzione, sia a riflessione che a rifrazione, gravimetria, resistività elettrica, sismica passiva, magnetometria e potenziale spontaneo) e geochimico (flusso di CO2 dal suolo, concentrazione di CO2 nel suolo)”. Insomma, caratteristiche tecniche che aiutino a comprendere i possibili effetti sul territorio ben oltre l’area vesuviana.
Lo studio rientra nell’ambito del progetto “Pianeta dinamico” dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia e vede la collaborazione di un team di ricercatori appartenenti a 5 sezioni dell’Ingv (Roma 1, Roma2, Osservatorio Nazionale Terremoti, Palermo e Osservatorio Vesuviano) e alle Università di Napoli Federico II, di Siena, Centro di Geotecnologie e di Palermo.