A 78 anni “don Raffaè” non ha visto svanire il suo carisma criminale e rimane un simbolo per i gruppi che continuano, ancora oggi, a richiamarsi a lui. Nel respingere il ricorso di Raffaele Cutolo, fondatore della Nuova Camorra Organizzata, il tribunale di Sorveglianza di Bologna, oltre a motivare con ampia documentazione come le sue condizioni di salute non siano incompatibili con il carcere, neppure in epoca di coronavirus, tratteggia e attualizza la pericolosità del boss, tuttora considerato a rischio recidiva. Cutolo, che aveva chiesto il rinvio dell’esecuzione della pena con detenzione domiciliare, resta detenuto a Parma, lo stesso istituto penitenziario dove ha concluso i suoi giorni a fine 2017 Salvatore Riina. In ambiente carcerario, secondo il collegio presieduto da Antonietta Fiorillo, che ha confermato la decisione di metà maggio del magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, le sue patologie “appaiono allo stato trattabili adeguatamente” e nel suo caso “non appare ricorrere con probabilità il rischio di contagio da Covid-19”, visto che a Parma nessun detenuto è risultato positivo e la curva epidemica in regione sta calando. Dunque, dalla documentazione sanitaria analizzata si evince che la detenzione dell’anziano camorrista non si svolge “con quella quota di afflittività ulteriore tale da comportare una sofferenza che eccede il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena”.

In particolare si sottolinea la presenza di un piano assistenziale personalizzato, la predisposizione di presidi come il letto con le sponde e il materasso antidecubito, la dotazione di un treppiede per gli spostamenti – che però Cutolo spesso rifiuta di usare, così come si oppone agli approfondimenti consigliati dai medici – e poi la presenza di un detenuto lavorante che assicura l’igiene della camera, la presenza di un operatore sanitario e il monitoraggio quotidiano di medici e infermieri. Risolta la questione dei problemi di salute, il tribunale si sofferma sullo spessore criminale e sulla carriera del camorrista: “Si può ritenere che la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma”, si legge nell’ordinanza. Nonostante l’età e “la perdurante detenzione” rappresenta “un ‘simbolo’ per tutti quei gruppi criminali” che continuano a richiamarsi al suo nome. Cioè i cosiddetti neo-cutoliani, i cui componenti sono stati recentemente raggiunti da misure per estorsioni, traffico di droga, omicidi.

Il boss, inoltre, è una persona che in tanti anni di carcere “non ha mai mostrato alcun segno di distacco dalle sue scelte criminali”, come dimostra il colloquio avuto in carcere il 22 luglio 2019 da Cutolo con un giornalista durante il quale ha rivendicato la “giustezza” di alcune scelte operate, affermando di avere “fatto anche del bene”, di non aver ordinato atti delittuosi indiscriminati (come i gruppi criminali attuali)”. In sostanza, ragiona il tribunale, anche in quell’occasione ha fatto trasparire “il proprio ruolo carismatico che aveva favorito la ‘unione’ di più gruppi”.