Non versa in ottime condizioni il PalaMaggiò di Caserta, un impianto voluto e costruito in cento giorni dall’indimenticato Cav. Giovanni Maggiò, per consentire alla sua Juvecaserta di giocare in una struttura, nei suoi tempi d’oro e che ora versa in pessime di condizioni di degrado e abbandono, da quando avvenne l’ultimo incendio ed oggetto di raid vandalici con cancelli e porte che hanno riportato diversi danni. Allo stato attuale resta ancora in sospeso il quesito sulla struttura da designare per consegnare il primo scudetto al tempo del Covid. Esattamente trent’anni fa, l ’Italia del basket ne ricorderà il prossimo 21 maggio quello vinto al Sud presso il Palamaggiò di Caserta e che nel 1991, per vederlo nascere si poteva solo anelare e sperare nell’appoggio in un’arena del Nord, come infatti accadde al Forum di Assago, nella casa dell’Olimpia Milano, dove purtroppo furono sconfitti nella gara 5 di finale. Invece accadde: 88-97, ai 32 punti di Vincent e i 27 di Riva i campani opposero i 30 di Dell’Agnello, i 20 (più 20 rimbalzi) di Shackleford, i 28 di Gentile, i 13 di Frank, i 4 di Esposito, i 2 di Donadoni.Per uno scudetto sei giocatori potevan bastare e mentre si parlava di rotazione, quel giorno uno dei sei, Enzino Esposito, ne vide il finale sdraiato a bordo campo e mescolò poi le lacrime del dolore a quelle della gioia, vista la sua frattura al ginocchio. Ma dopo l’exploit, Caserta tricolore iniziò la sua “barcollanza” in un paio di stagioni tra il saliscendi fra l’A1 e l’A2, i debiti e i fallimenti, le fusioni e le rinascite, fino alla Serie C, nonostante il fatto che la Juve quello scudetto lo ottenne grazie ad un susseguirsi di continui progressi e successi raggiunti in un decennio.
“Trent’anni dopo – stando alle dichiarazioni di Franco Marcelletti, ex allenatore- salirono sia il livello che il valore, risultato di un lavoro ininterrotto, di tante finali giocate e perse e testimoniando che l’etica del lavoro ci avrebbe ricompensati anche a Caserta. Col senno di poi- aggiunge-oggi riaffiora come una conquista enorme, mentre all’epoca fu quasi il compiersi di un destino. Oggi vivo a Verona, scendo spesso a Caserta e parlando con chi c’era, ho dedotto che il nostro pensiero è unanime. Prima vivemmo un sogno, poi arrivammo giustamente a un traguardo meritato. Ricordare quel percorso mi riepie di orgoglio-conclude- Aver prevalso prima su Sergio Scariolo, su Ettore Messina ed infine su Mike D’Antoni: tre allenatori arrivati tutti alla Nba, fu per me una grande soddisfazione personale!”
“Per risvegliare una nuova passione e denari scesi da Brescia-dichiara Giovanni Maggiò, imprenditore di mattoni,che in cento giorni realizzò un palasport da settemila posti, il tetto massimo e giusto per la crescita della squadra- Il primo a regalare sogni era stato Boscia Tanjevic, uno dei personaggi più lucidamente visionari del basket d’allora. Il leggendario realizzatore Oscar Schmidt, innescò una sfida contro il resto del mondo, brasiliano oggi i 63enne ed uscito vincente dalla lotta con un tumore alla testa, dopo aver avvolto nei record una carriera da 50 mila punti segnati e 5 Olimpiadi disputate. Caserta, prima di vincere, ha molto perso, come si dice occorra a chi è in cammino verso la gloria. Ha conteso alla Milano più grande, venendone respinta, le finali scudetto dell’86 e dell’87-conclude- Ha finalmente alzato nell’88 il primo trofeo: la Coppa Italia. E nell’89 ha ceduto solo al supplementare una delle più belle finali mai viste, la Coppa delle Coppe che ad Atene ospitò la grande prova d’attore del miglior giocatore europeo d’ogni tempo: Drazen Petrovic, 62 punti segnati per il Real Madrid, e tutti a casa.Quel 21 maggio del 1991, il livornese Sandro Dell’Agnello, batte la Philips facendo zittire l’intera arena, nonostante lo scudetto si faccia attendere. Dopo otto stagioni con 284 partite con 9.143 punti, Oscar sebbene titolare di contratto si imbattè da solista osannato e padrone di una disputa senza frutti sperati.Giunta l’ora della scelta di dover cambiare qualcosa, Gianfranco Maggiò, succeduto al papà scomparso nell’88 e dopo tante finali perse, decise di sostituire Oscar al gm Giancarlo Sarti, quale anello della catena formata da Gentile, Esposito e Dell’Agnello, ai quali si aggiunsero Charles Shackleford e Tellis Frank. inizia il viaggio in salita della squadra classificatasi seconda dietro Milano in stagione regolare.Dopo l’ eliminazione ai play-off di Pesaro e poi Bologna, si ripresenta in finale, vincendo. Ma come in tutte le favole il sogno finisce anche per quel ricco e felice basket che allinea ad ogni partenza sei squadre da titolo, mentre le risorse calano: Shackleford va a monetizzare altrove, Gentile a riabbracciare Tanjevic, prima a Trieste poi a Milano, Esposito a imboccare alla Fortitudo Bologna, una carriera che ne farà il primo italiano a sbarcare nella Nba ed infine Dell’Agnello ad avventurarsi in cinque nuove squadre.Un basket smarrito in una Caserta altrettanto disorientata e che non ha più conseguito vittorie se non l’albo d’oro, i meridiani e paralleli e uno scudetto al Sud. Nel frattempo e a distanza di anni, l’attesa nel limbo prosegue.
Foto: da La Repubblica
pitò la grande prova d’attore del miglior giocatore europeo d’ogni tempo: Drazen Petrovic, 62 punti segnati per il Real Madrid, e tutti a casa.
Lo scudetto del 21 maggio 1991
Caserta ribalta dunque a Milano, quel 21 maggio, il fattore campo prima asservito, per quattro partite, alla logica rotonda delle vittorie in casa. Crivella il canestro da vicino e da lontano, qualcuno dei suoi come mai in carriera (Sandro Dell’Agnello, il leone livornese posseduto dagli spiriti), batte la Philips e ne zittisce l’intera arena pronta alle parate. Ma quello scudetto comincia a vincerlo in tempi non sospetti, azzardando una rinuncia mai sospettabile, se non da chi coglie, sotto la crosta del buonismo, che il santo tiratore è sempre più solo, i malumori strisciano in spogliatoio, e anche se nessuno parla e tanti mugugnano la fine del mondo già galoppa. Dopo otto stagioni da re, 284 partite con 9.143 punti e un amore di folla che tracima nella venerazione, qualcuno deve andare da Oscar, ancora titolare di contratto e ignaro di tempeste, come tutti gli dei, a dirgli che è giunta l’ora di provarci senza di lui, troppo bravo e troppo solista, troppo padrone di un gioco che ancora non ha dato il primo premio.
Via Oscar, ecco Shackleford e Frank
E allora, chi va? “Decidiamo insieme, un po’ tutti. Gianfranco Maggiò, succeduto al papà scomparso nell’88, mi chiama per chiedermi come potremmo vincere, dopo tante finali perse. L’arroganza dei miei 35 mi fa rischiare il posto: rispondo che andrebbe cambiato qualcosa, ma non la triade Gentile-Esposito-Dell’Agnello, al top del suo valore. Il due più due toccò al gm Giancarlo Sarti, tornato quell’estate. A Oscar parlò lui”. O Rei se ne adonta, ripara a Pavia per continuarvi a mitragliare, maledice i luoghi che rivedrà poi ad anni maturati e fratture ricomposte, mentre Marcelletti pesca in America i due americani che ne esalteranno le alchimie: Charles Shackleford, animale d’area di fisico strapotente, e Tellis Frank, ala di testa fina (inevitabilmente, poi, O’ professore). La barca va. Si piazza seconda dietro Milano in stagione regolare, elimina ai play-off prima Pesaro e poi Bologna, si ripresenta in finale. E stavolta la vince.
Il tramonto della Phonola
La favola finirà presto. Altre spese non vengono tutte centrate, per competere nel basket ricco e felice dei suoi anni migliori, che allinea ad ogni partenza almeno sei squadre da titolo. Le risorse calano e la squadra delle meraviglie si smembrerà via via: Shackleford a monetizzare altrove il suo destino di soldato di ventura, Gentile a riabbracciare Tanjevic, prima a Trieste poi a Milano, Esposito a imboccare alla Fortitudo Bologna una carriera che ne farà il primo italiano a sbarcare nella Nba, Dell’Agnello a sbattersi per cinque nuove diverse squadre. Il basket smarrì Caserta, o viceversa. Quel che nessuno cambierà sono storia e geografia, l’albo d’oro e i meridiani e paralleli. Nessuno ha più vinto, fra i cane