Sarebbe avvenuta anche in una casa di cura vesuviana la compravendita di una partita di stupefacente che gli indagati, in gergo, chiamano “calzone”, da parte dei componenti la banda di pusher, ritenuta legata al clan Fabbrocino. Sgominata dai carabinieri di Nola (Napoli) e dalla DDA partenopea che oggi hanno eseguito nelle province di Napoli, Salerno e Benevento dieci provvedimenti cautelari. I militari dell’arma hanno notificato, complessivamente, quattro arresti in carcere, uno ai domiciliari, un divieto di dimora nel comune di San Gennaro vesuviano. Un obbligo di dimora nel comune di Benevento e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.

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La circostanza è ipotizzata dagli inquirenti sulla base di alcune intercettazioni annesse all’ordinanza con la quale il gip di Napoli Gianluigi Visco ha disposto le misure cautelari. I militari intercettano alle 23 circa del primo febbraio 2016 alcune conversazioni che vedono protagonista Angelo Maffettone, per il quale il giudice ha disposto il carcere. L’uomo, che ha 45 anni, organizza la compravendita della sostanza stupefacente, che chiama in codice “calzone”, mentre e’ ricoverato. Il prezzo e’ anche scontato: “mo” e’ 35, ma regolare fosse 40, pero’ a te 35!”.

Maffettone, con il suo interlocutore, si accordano e, quindi, una terza persona è incaricata di recuperare la sostanza stupefacente nella casa di cura. In un’altra telefonata, che risale al 19 febbraio 2016, Maffettone tenta di chiamare il figlio. Nel frattempo parla con la moglie lamentandosi del fatto che il ragazzo aveva apostrofato come “drogati” alcuni giovani in piazza. Maffettone, con le sue parole, conferma di essere uno spacciatore. “i ragazzi apostrofati, ndr. Possono dire ‘io sono drogato ma tuo padre e’ uno spacciatore’… e poi io lo devo impiccare la’ in mezzo (in mezzo alla piazza, ndr)”.