I tempi non sono ancora noti. Ma entro la fine dell’anno si dovrebbe arrivare ad una riforma delle pensioni, magari nella prossima Legge di Stabilità, per evitare che dal primo gennaio 2023 si torni ai requisiti previdenziali pieni della legge Fornero. Dipende anche dallo scenario ancora complesso del dialogo tra sindacati e governo. L’ipotesi è che si arrivi a una riforma che permetta di andare in pensione in due tempi. Si tratta del cosiddetto anticipo pensionistico contributivo. Un meccanismo che prevede il pagamento di una quota della pensione, calcolata proprio con il sistema contributivo, prima dei 67 anni. Mentre la quota retributiva è riconosciuta solo con la maturazione dei requisiti Inps per l’accesso alla pensione di vecchiaia.
Il governo – e il premier Draghi – giocano ancora con le carte coperte. L’unica certezza, ed è stato proprio il presidente del consiglio ad affermarlo, è che nella legge di bilancio per il 2022 Quota 100 verrà messa da parte, venendo sostituita con una formula meno impattante sui conti pubblici. Vediamo, comunque, i dettagli dell’ipotesi “pensione in due tempi”.
COS’È
Lo sponsor della proposta è il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che la considera come l’unica soluzione «davvero flessibile e finanziariamente compatibile» nei costi e dalla platea molto più consistente di quanto abbia mai portato a casa la sperimentazione leghista. L’ipotesi è di anticipare, per chi abbia compiuto 63-64 anni e volesse lasciare il lavoro, solo la quota contributiva della pensione rinviando l’assegno totale, comprensivo anche della parte retributiva, al compimento dei 67 anni. Una volta raggiunta la pensione di vecchiaia invece al lavoratore spetterà l’assegno pieno, completo di quota retributiva e quota contributiva.