Occupati sì, ma sempre più spesso a rischio povertà. Sono i cosiddetti ‘working poor’ su cui oggi arriva l’allarme dell’Eurostat. Che fotografa, nelle sue tebelle, un aumento dei lavoratori italiani in difficoltà nella fascia tra i 18 e i 64 anni di 0,9 punti percentuali rispetto al 2020. Nel dettaglio, nel 2021 i working poor italiani sono arrivati all’11,7% mentre, due anni fa si attestavano intorno al 10,8%.
Il divario più preoccupante riguarda però i giovani: per le persone tra i 18 e 64 anni la percentuale di working poor dal 2020 ad oggi, è cresciuta del 2,7% , passando dal 12,7% al 15,3%. Ma le differenze non riguardano solo l’età. Esposti al rischio povertà sono soprattutto gli indipendenti ( passati al 18,1% dal 16,5% del 2020). Mentre rischiano di meno i dipedenti (9,9, comunque in aumento rispetto al 9,3% del 2020), anche se le percentuali che li riguardano sono le più alte dopo la Spagna.
Il rischio povertà permane pure con il mutare della forma contrattuale. L’Eurostat segnala che sono in aumento i lavoratori a rischio sia con un contratto a tempo indeterminato (dal 7,7% del totale nel 2020 all’8,1% nel 2021) sia quelli con un contratto a termine (dal 15,4% nel 2020 al 21,5% nel 2021), anche se per questi ultimi la crescita è molto più significativa. E ancora, corre un pericolo maggiore chi ha un contratto part-time (il 20% del totale a fronte del 16,3% del 2020) rispetto a chi ha un contratto a tempo pieno (in aumento comunque dal 9,6% al 10,1%).