«Nel mio petto batte il cuore di suo fratello». Anna ha le lacrime agli occhi ma il sorriso sulle labbra, quando pronuncia queste parole guardando Shana, seduta accanto a lei, che sulla spalla ha tatuato un cuore con sopra scritto “Davide”. «Davide aveva 20 anni quando, il 19 marzo del 2013, morì in un incidente stradale. I miei genitori erano sconvolti, io ero incinta e mi sono trovata a cercare di tenere in piedi me e loro. Quando ci chiesero se acconsentivamo alla donazione degli organi, ho pensato che non potevamo tirarci indietro, e che forse quello era l’unico modo per sopravvivere al dolore», spiega Shana. A ricevere il cuore fu una ragazza di 17 anni, Anna, poco più giovane di Davide ma, diversamente da lui, con un passato già molto complicato dalla malattia.
Anna e Shana, unite da un cuore che batte

«Ho avuto una diagnosi di sarcoma dell’osso a 9 anni – racconta Anna – e ho passato la vita più in ospedale che fuori. La tanta chemioterapia fatta causò uno scompenso cardiaco che peggiorò improvvisamente, portando i medici dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma di fronte all’urgenza di un trapianto. Mi misero ufficialmente in lista d’attesa il 19 marzo. Ma, lo stesso giorno, ci dissero che avevo una chance. Per anni il mio pensiero è stato quello di far sapere a questa famiglia che ero viva, e provare a dire loro ‘graziè. Ma avevo anche timore e vergogna di farlo».

La legge non la aiutava, visto che ad oggi vieta la possibilità di incontro tra riceventi e familiari dei donatori di organo. Gli anni intanto passano e Anna si mette a fare ricerche online e le incrocia con le poche informazioni tratte da qualche articolo di giornale, fino ad arrivare al sito web della «Tenuta di Davide», la fattoria didattica che la famiglia del giovane ha creato a Fondi, in sua memoria.