La storia di Alessandro il ragazzo tredicenne che si è tolto la vita a Gragnano rappresenta una delle pagine più toccanti degli ultimi mesi. Bulli non si nasce: si diventa. Non è stato un incidente ma una vera e propria istigazione al suicidio.

Un volo verticale dal quarto piano del palazzo in cui abitava. Questa la dinamica dell’incidente in cui aveva perso la vita il giovane Alessandro, quest’ultima tranciata da persone della sua stessa età che gli suggerivano di togliersi la vita con frasi del tipo. “Ti devi ammazzare”; “Buttati giù” o ancora “Ucciditi”.
Parole che hanno lo stesso peso di un macigno portato sulle spalle. Purtroppo lui la terza media non l’ha mai iniziata, proprio perché quei ragazzini ancora senza identità e senza volto glielo hanno impedito di farla. Su questo caso aleggia ancora una coltre di mistero, a fare chiarezza sulla vicenda stanno indagando tuttora la procura di Torre Annunziata e la procura per i minorenni di Napoli. Quattro minori e due maggiorenni sono attualmente indagati per istigazione al suicidio, un’ipotesi di reato alla quale potrebbe essere aggiunta quella di stalking.

Le attenzioni a distanza di un mese dall’accaduto si stanno concentrando su un suo tema che non è stato mai letto e corretto in classe, in cui c’era scritto ” io sono vittima di episodi di bullismo”. Una prova scritta per trasmettere le sue conoscenze su quell’argomento piuttosto delicato, cosa stava subendo e come impattava negativamente questo fenomeno nella sua vita.

Un tema che rappresenta ad oggi l’unica prova schiacciante delle sue vessazioni e delle difficoltà che stava attraversando. Perché oltre a definire il suo malessere, rappresenta anche uno schiaffo morale, verso le istituzioni, la comunità, la scuola e i genitori dei bulli.

Il ministro Bianchi ha sottolineato il suo impegno istituzionale e ha dichiarato di arginare e isolare il cyberbullismo, una piaga sociale che si sta ramificando sempre di più. Sollecitando le parti all’ascolto e all’intervento tempestivo.