Era coinvolta anche l’area vesuviana nel giro, per ora ancora presunto, di racket, droga, gioco d’azzardo e appalti scovato tra Battipaglia, il Cilento e la Piano del Sele. Tra i 38 indagati, e che sono a rischio processo, infatti, ben 5 arrivano dall’area vesuviana, figure utilizzate in quelli che si definiscono alleanze e che arrivano sul territorio per non essere riconosciuti.

A rischio processo, dunque, ci sono due poggiomarinesi: Salvatore Izzo e Giuseppe Guastafierro, un boschese: Carmine Izzo, e due torresi: Mario Donnarumma e Vincenzo Marciano. Nel sistema anche due napoletani, che dunque mostrano quanto sia stata estesa la rete criminale di cui gli indagati sono accusati, un “impianto” che avrebbe messo in ginocchio tutta l’area di quella parte della provincia di Salerno.

Il “pizzo” era una delle principali attività dell’organizzazione. Richieste estorsive che superavano i 60mila euro all’anno, tra Natale, Pasqua e Ferragosto. Gli incaricati del clan arrivavano puntuali, chiedevano sostegno economico per detenuti e latitanti, imponevano versamenti periodici a imprese casearie, centri medici accorsati, titolari di autofficine e negozi di telefonia. Bruciavano escavatori, macchine operatrici, talvolta si esplodevano colpi di pistola.