Il giorno dopo dell’addio alla piccola Maria Grazia Marino, uccisa da un tumore al cervello, è quello del dolore e della rabbia, di una città ferita che si ritrova a piangere un’altra morte innocente. La bambina è andata via ed aveva appena dieci anni: a lungo ha lottato contro quel male incurabile che non le ha dato scampo. Ieri i funerali con gli amici di classe della Quinta A del plesso Capone di Pompei, che l’alunna frequentava. Lacrime, striscioni e palloncini, uno scenario visto purtroppo spesso.
Intanto però tra la gente monta la rabbia: Maria Grazia viveva con la famiglia al confine tra Boscoreale e Pompei, in una di quelle aree dove si continuano a depositare ed incendiare rifiuti, in quelle zone dove le fogne non esistono o funzionano male. Per la gente la bambina è stata uccisa dai veleni, dall’inquinamento e dalla Terra dei Fuochi. Stamattina il direttore di Metropolis, Luigi Capasso, ha scritto un editoriale tagliente e preciso.
Tra le altre cose riportiamo uno stralcio di quanto scritto dal numero uno dello storico quotidiano: «La malattia di Maria Grazia, il tumore alla testa che l’ha portata via, ha origine nella noncuranza totale del territorio. Si muore per un destino crudele, ma ci si ammala sempre più per le sciagurate condizioni di vita che si hanno in alcune zone. Per anni si è combattuto contro la discarica di Cava Sari, che in linea d’area sta ad appena due chilometri dalla casa di Maria Grazia, ma nulla si è fatto».