Commozione e rabbia questo pomeriggio nella basilica di Santa Croce, a Torre del Greco, a Napoli, per i funerali dei quattro ragazzi, originari della città vesuviana, morti nel crollo del ponte Morandi, a Genova. I funerali si sono svolti il giorno prima le esequie di Stato previste domani, per volontà delle famiglie dei ragazzi. Le salme di Giovanni Battiloro, Matteo Bertonati, Gerardo Esposito e Antonio Stanzione hanno varcato la soglia della basilica alle 13 e sono state accolte da un lunghissimo applauso, tanto dolore e molte lacrime. La camera ardente è iniziata alle 13,30. A Torre del Greco, dove è stato proclamato il lutto cittadino, è vivo tra le persone il pensiero che la morte dei ragazzi non sia avvenuto per una pura fatalità, difatti, nella notte di ieri all’esterno del casello autostradale che porta in città, è stato affisso uno striscione (poi rimosso) nel quale si leggeva “Antonio, Matteo, Giovanni e Gerardo… non è stato il fato ma lo Stato!”.

A cavalcare la tesi è anche Roberto Battiloro, padre di Giovanni Battiloro, morto nel crollo del Morandi: «Mio figlio è stato ammazzato. Vero che è stato vittima di un destino beffardo ma anche di chi non ha pensato che su quel ponte poteva essere percorso da figli di gente che oggi è disperata. – racconta commosso prima di entrare in basilica. Da domani si inizierà la battaglia per trovare i colpevoli». Il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, che ha presieduto l’eucarestia, ha parlato di «morti per incuria che si è manifestata in questo drammatico evento».

«Non si può e non si deve morire per negligenza, irresponsabilità e burocratismo. Loro sono testimonianza viva della violenza consumata dalla mano dell’uomo che porta morte». Si esprime così, il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, il quale ha celebrato i funerali dei quattro ragazzi originari di Torre del Greco morti nel crollo del ponte Morandi di Genova. «Anche se è il momento del dolore, bisogna pensare alle cause che hanno portato alla morte dei ragazzi. È giusto porsi degli interrogativi, chiedersi perché è accaduto, abbiamo il sacrosanto diritto di saperlo, soprattutto nel rispetto per chi ha perduto la vita. – continua Sepe – Dobbiamo saperlo perché ogni vita è sacra. A questo punto interrogarsi significa rispettare la vita dei ragazzi».