Qualche giorno fa, facevo colazione in uno dei miei posti del cuore: il bar pasticceria Sessa, ad Ottaviano; il Maestro mi stava deliziando con le sue ultime novità: la sfogliatella alla crema di nocciola e quella al marron glacé, quando intravidi – nell’ampio e delicato spazio esterno coperto, dedicato alla degustazione – una copia di Elle Italia della settimana precedente. Ingolosita dalla lettura, oltre che dalle superbe opere targate Sessa, afferro il magazine e comincio a sfogliarlo…

La sfogliatella di Sessa ad Ottaviano

Ad un tratto, dopo pagine patinate dedicate a bellezza e moda, mi trovo davanti uno di quegli articoli-inchiesta che difficilmente scorgi in un settimanale del genere: si parlava di Donne e di fecondazione assistita. Un plauso alla Direttrice di Elle Italia, per il coraggio di aver affrontato un argomento così serio ed importante dove davvero fatichi a pensare possa essere pubblicato ed uno a chi ha scritto e lavorato all’inchiesta. Occasione, questa, per poter pubblicare alcune mie riflessioni sull’argomento, solo dopo aver verificato tramite sondaggio su instagram che anche voi preferivate un tema serio, per il mio post settimanale.

Mettiamola così. Tutto comincia più o meno nell’età dell’infanzia: “Che bella, questa bambola… È la tua bambina?” – solevano ripetermi da piccina – “No. È la mia sorellina. Io sono troppo piccola, per avere figli. Non trovi?” Inutile dirlo, ero una bambina sveglia ed una dalla risposta pronta, quasi sempre. Questa domanda, che ancora oggi ascolto ripetere ad altre bambine, rappresenta un po’ la summa di quel che la società impone a noi donne. Sei giovane, stai decidendo cosa fare da grande e ti viene chiesto quando ti fidanzi seriamente; ti fidanzi e no, devi sposarti; ti sposi e manco basta, ma devi “fare un figlio”; ne “fai” uno, e non si accontentano, ma ce ne vogliono due, poi tre, magari. Insomma, farsi i cavolacci propri, per la gente, è davvero qualcosa di misterioso e difficile. E qui casca l’asino. Ne ho conosciute e ne conosco, di donne single felicissime, che di avere relazioni “serie” non hanno voglia; altre, poi, sono in coppia e non vogliono avere figli; altre ancora non riescono ad averne. È a questa sofferenza, che voglio rivolgermi oggi; a queste donne che iniziano un percorso pesantissimo in termini fisici e psicologici per – sì – un desiderio proprio, di coppia, ma spesso anche per un retaggio culturale secondo il quale chi non fa figli sarebbe un poveretto da compatire. Vorrei dire a queste donne e – sì, diamine! – a questi uomini, che nascere non vuol dire esattamente crescere e riprodursi; significa vivere ed essere felici. Mi auguro con tutto il cuore che riusciate nel vostro intento, se è questo che davvero volete, ma intraprendete il percorso ben consapevoli della sofferenza che a volte comporta e del fatto che avere un bambino non è uno scherzo, che i bimbi non sono giocattoli e che – ahinoi! – appartengono al mondo, non a noi. Mi dispiace dover comunicare a chi pensa che la gravidanza sia un gioco da ragazzi che spesso non è così, e a nulla vale che voi ripetiate in continuazione ad una coppia che non ha figli di averne al più presto; non potete immaginare cosa stiano pensando o facendo, lontano dalle vostre grettezze e lingue biforcute. Il vortice della fecondazione artificiale è qualcosa che non possiamo nemmeno immaginare; ad offrirci un quadro chiaro, per esempio, è Fiorella Ammaturo, la mia collega avvocato (praticamente una delle mie sorelle del cuore!), autrice di un libro lucidissimo e feroce, nel quale descrive il suo viaggio personale tra mille cure e mille incontri con medici di ogni sorta, fino alla scelta dell’adozione (“Dalla realtà al sogno”, ed. Albatros, disponibile anche su Amazon); lo consiglio con tutto il cuore a tutte le donne che si sentono sole nell’affrontare terapie e tentativi di fecondazione, sempre accompagnati da ansie e speranze. Che finiscono bene, qualche volta.  Ecco. Quel che mi andava di dirvi l’ho detto. Spero di aver fatto breccia da qualche parte e se per qualsiasi motivo vogliate scrivermi, vi prego di farlo. Lo dico anche a te, che ti senti sola e piccola di fronte a tutto questo; parlo alle donne perché – se permettete – terapie atroci, interventi invasivi, esami, gambe aperte davanti ad uomini ed uomini, beh, quello tocca sempre alle donne. Certo, lo vuole la natura, ma non credo che sia naturale farsi del male in continuazione. Pensa a te, alla tua vita. Meriti la felicità: se le cose non vanno, abbi il coraggio di lasciarle andare e vivi. Abbi cura di te, sorridi; sei la cosa più importante del mondo e lo sei adesso, ché il passato non esiste più ed il futuro ancora non lo conosci (be present!).

Vi aspetto la prossima settimana sempre qui, su Il Fatto Vesuviano e quotidianamente su instagram (eliana_iuorio); trovate la mia mail nella bio del social. Bacionissimi a tutte e tutti, con tutto il mio cuore.