“Cerchiamo di spegnere gradualmente Spid che raccoglie una serie di identità digitali e facilitare l’azione delle nostre imprese e dei cittadini con la Pubblica amministrazione. D’accordo tutti dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e avere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale”. Le parole del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica Alessio Butti, sabato all’iniziativa per i 10 anni di Fratelli d’Italia a Roma, hanno acceso il dibattito sul futuro del Sistema pubblico di identità digitale.

E oggi Butti in una lettera al ‘Corriere della sera’ spiega perché si lavora a una sorta di ‘migrazione’ verso la Carta d’Identità Elettronica (CIE). “Abbiamo un’idea definita: non vogliamo eliminare l’identità digitale – sottolinea – ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato (proprio come quella che gli italiani portano nel loro portafogli dal 1931). Stiamo lavorando, sulla base di questa idea, sondando le necessità di tutti gli stakeholder coinvolti. I primi esiti dei nostri colloqui sono incoraggianti e li puntualizzeremo nei prossimi mesi con estrema trasparenza”.

Nell’evidenziare che Spid “ha un costo per lo Stato”, Butti osserva che la Carta d’Identità Elettronica “è un’identità digitale equivalente e sotto diversi profili migliore rispetto allo Spid”. “Oggi, tuttavia, la CIE sconta tre limiti. Anzitutto i lunghi tempi di rilascio (diversi da Comune a Comune). Per ottenerla, inoltre – prosegue – i cittadini devono pagare 16,79 euro e recarsi fisicamente presso un ufficio comunale” senza contare che è “ancora poco usabile da Pc e smartphone”.

Butti spiega che “nei prossimi mesi occorrerà coinvolgere i fornitori di identità digitale. Un’idea potrebbe essere chiedere loro un supporto alla migrazione a CIE, favorendo una transizione negoziata tra i due sistemi”.